C’e’ anche il diritto del malato ad avere un’informazione completa

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La mia è una diversa visione di come vengono descritte e raccontate alcune notizie: mi riferisco a quelle riguardanti le persone che vanno a morire nelle cliniche svizzere perché in Italia non è ammessa legalmente l’eutanasia. Evito pareri personali, convinzioni religiose o politiche, non interesserebbero a nessuno, esprimo nella sezione delle opinioni una valutazione basata sull’esperienza quotidiana.

C’è una questione molto delicata che invece riguarda la categoria dei giornalisti, di quelli che si occupano di sanità e di quelli che seguono questi dolorosissimi casi. L’ultimo in ordine di tempo è quello di Davide, un malato toscano cinquantenne, andato a morire nella clinica svizzera dove è molto DJ Fabo e, dopo due giorni sulle pagine dei media, definito alternativamente malato genericamente di sclerosi e basta (la parola di per sé da un punto di vista medico da sola non spiega nulla), di sclerosi multipla (con quali sintomi? Di che tipo? Di che gravità?), o di sclerosi laterale amiotrofica (SLA).

La prima cosa da sapere è che l’unica malattia con la definizione “sclerosi” che conduce inesorabilmente alla morte è la SLA, da cui era affetto, allo stato terminale, Piergiorgio Welby quando decise di porre fine alla sua vita. Confondere la SLA con la sclerosi multipla, come avviene almeno nel 90% dei casi – lo dico sulla base di verifiche effettuate e sull’analisi fatta dai neurologi italiani – è un errore gravissimo dal punto di vista professionale, perché, come tutti gli errori gravi, porta significativi danni ai lettori e, in questo caso, soprattutto ai malati.

Se ogni cittadino ha diritto ad una corretta informazione, tanto più ne ha diritto il cittadino più debole, e il malato è certamente fra questi.

Se si scrive che un malato ha praticato l’eutanasia si deve rigorosamente raccontare il tipo esatto di patologia da cui era affetto e lo stato in cui versava al momento della terribile scelta, le cure che riceveva o non riceveva, le prognosi ufficiali. Una SLA è un’altra malattia (“differenze abissali” le chiamano i neurologi) rispetto alla sclerosi multipla (a sua volta differente nelle forme primaria progressiva, recidivante-remittente, secondaria progressiva), dalla sclerosi da distrofia muscolare e da varie sindromi di minore gravità.

Esattamente come un bravo giornalista dovrebbe spiegare da quale tipo di tumore era affetto il malato, lo stadio in cui era, le terapie in corso o quelle effettuate.

Perché, tutti se ne rendono conto, in ogni famiglia può esserci un malato di una malattia progressiva, cronica, o letale. Ma ogni malato e ogni famiglia hanno il diritto di essere rispettati. E una importate forma di rispetto è raccontare la verità nei suoi dettagli anche medici, perché altrimenti il malato ha il diritto di pensare che uno come lui, che magari sta facendo faticose terapie per fare un piccolo passo in più, per alzare meglio un dito o sollevare un peso di un etto in più, ecco quel malato non può e non deve sentirsi sommariamente dire che un altro che sembra malato come lui ha deciso di andare a morire in una clinica straniera a 10.000 euro. Avete minimamente idea dell’effetto devastante che ha una notizia imprecisa, se non sbagliata, di questo tipo in un intero sistema familiare che magari da anni è riuscito con una fatica quotidiana che sa solo chi la vive a organizzarsi per dare una vita dignitosa anche a questi malati? Sapete gli sforzi che devono fare i malati e i familiari, cioè centinaia di migliaia di persone, per ottenere ciò di cui per legge hanno diritto?

Di Welby e di  Fabo abbiamo saputo i dettagli, abbiamo visto le immagini, abbiamo letto interviste a specialisti e sanitari, il malato e qualsiasi lettore hanno potuto capire di cosa si trattasse. Ma quando si danno le notizie come quella di Davide, senza una specifica, senza un dettaglio, senza un’analisi, solo perché una associazione, per fare una legittima campagna di parte, decide di dare una esclusiva una volta ad una testata e una volta a un’altra, allora non si rispetta un diritto che, perlomeno, è alla pari degli altri, quello dei malati. Quindi, le notizie sempre, ma se non sono ben documentate dare la parola solo allo scontro di fazioni non va affatto bene, prima di tutto la parola alla medicina e ai malati.


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