Dallo sciopero Usigrai un messaggio forte contro il pensiero unico

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“Non è mai troppo tardi”, è il titolo di una popolare trasmissione della Rai che ha fatto la storia della tv. Finalmente i giornalisti dell’Usigrai, del servizio pubblico si sono accorti di ciò che sta accadendo dentro l’azienda. Finalmente uno sciopero denuncia contro la libertà d’informazione, contro i diritti sanciti dalla Costituzione, contro l’ennesimo attentato alla democrazia messo in atto dai responsabili Rai filo governo Meloni. Uno sciopero contro il pensiero unico e soprattutto i silenzi dei telegiornali sulle incapacità della premier e della sua squadra di fronte alle tragedie che hanno colpito l’Europa, soprattutto a sostegno del cittadino e del diritto di essere informato.

Gli scontri di numeri sullo sciopero tra sindacati, hanno poca importanza, le ragioni della protesta sono emerse attraverso i comunicati letti nelle edizioni di punta dei tg, le risposte dell’azienda, ridicole, hanno rafforzato le motivazioni dei giornalisti che, ripeto, finalmente hanno reagito ai calci in bocca ricevuti e hanno dissotterrato l’ascia di guerra. I sindacati degli altri lavoratori cosa aspettano a fare altrettanto? L’Adrai, il sindacato dei dirigenti, ha intenzione di continuare a dormire e fare finta che tutto sia ok? Interverrà quando la Rai sarà ridotta a un cumulo di macerie come l’Ucraina e la striscia di Gaza: debito di cassa, qualità dei programmi, perdita degli ascolti, calo dell’entrate pubblicitarie? L’allarme, come più volte denunciato da Articolo 21, era scattato con l’esodo di alcuni conduttori di punta verso altri lidi televisivi, e la censura al programma, già registrato, di Roberto Saviano: “Insider – faccia a faccia con il crimine”, come scusa le querele che Meloni e Salvini avevano intrapreso contro l’autore di Gomorra per le parole usate nei loro confronti che nulla hanno a che fare con la Rai.

A distanza di mesi, dopo che a sostegno di Saviano si sono espresse molte Associazioni della società civile e dei famigliari dei caduti per mano delle mafie, con una lettera aperta indirizzata all’ad della Rai Claudio Sergio, tra queste: Movimento Agende Rosse, Associazione famigliari delle vittime della Falange Armata, Associazione famigliari delle vittime della strage della Stazione di Bologna, naturalmente Articolo 21 e dopo l’intervento dello scrittore Salmam Rushdie dal salone del libro di Torino che ha criticato la Meloni a difesa dell’intellettuale italiano, l’ad della Rai, con coda di paglia, ha chiesto al direttore Coletta di trovare uno spazio nel palinsesto per il programma. Se son rose fioriranno, nel frattempo continueremo a vigilare. Come continueremo a farlo anche nei confronti di Serena Bortone che ha fatto bene a denunciare al paese il tentativo di censura contro Antonio Scurati in occasione del 25 aprile. Mi meraviglio di chi continua a sostenere, anche a sinistra, che è stato solo un problema di soldi e non di censura, così come disse Berlusconi dopo l’editto bulgaro in uno Speciale Tg 1: “Biagi se ne è andato dalla Rai in cambio di un lauto compenso”, con la complicità del silenzio del conduttore Gianni Riotta. Finché su Bertone rimarranno le luci accese, i vertici della Rai – cuor di leone – non prenderanno nessun provvedimento disciplinare. Guai abbassare l’attenzione, dentro e fuori l’azienda.
Quello che è successo durante lo sciopero è qualcosa di vergognoso e anticostituzionale: alcuni direttori di tg hanno messo di line, nelle edizioni più importanti, giornalisti filo governativi per far sì che il tg, pur in forma ridotta andasse in onda. E’ successo al Tg1 e al Tg2. Di fronte all’ennesimo sfregio alla Costituzione non è accaduto nulla. “Taci, il nemico ti ascolta”, slogan della propaganda fascista del Duce che ben si addice anche ai giorni nostri.


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