Mediterraneo 2016. MSF: “L’anno più letale, i trafficanti più spietati, le politiche più inutili”

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Con l’inizio della stagione invernale, Medici Senza Frontiere (MSF) riorganizza l’assetto delle proprie attività in mare e fa il bilancio di 8 mesi di ricerca e soccorso. Considerando che le condizioni meteo ridurranno drasticamente le persone in partenza dalla Libia, le navi Bourbon Argos e Dignity I sono rientrate in porto e resteranno in standby fino a primavera, mentre la Aquarius, in collaborazione con SOS Mediterranée, continuerà le attività per assistere tutti coloro che sfideranno i pericolosi mari invernali. MSF rafforzerà di nuovo la propria capacità di ricerca e soccorso a marzo, quando molte più persone riprenderanno a imbarcarsi. Da aprile a novembre 2016, le équipe di MSF a bordo delle tre navi hanno soccorso direttamente 19.708 persone da barconi sovraffollati e assistito ulteriori 7.117 persone trasferendole in modo sicuro in Italia e offrendo loro cure mediche a bordo. Complessivamente MSF ha assistito almeno una persona su sette tra tutte quelle soccorse nel Mediterraneo, in decine di operazioni coordinate dalla Guardia Costiera Italiana.

“Il 2016 è già l’anno più letale di sempre, abbiamo visto trafficanti sempre più spietati, soccorsi sempre più complessi, persone sempre più vulnerabili” ha detto Stefano Argenziano, coordinatore dei progetti MSF per la migrazione. “Di fronte a questa enorme sofferenza e perdita di vite umane, la risposta dell’Europa è ancora trincerata dietro a politiche restrittive e guerra ai trafficanti. Ma è una guerra che sta perdendo e i cui costi vengono pagati dalle migliaia di persone che muoiono nella traversata. Servono vie legali e sicure per porre fine a questa assurdità e riportare nel nostro mare un po’ di umanità.”

Ecco il bilancio di MSF da 8 mesi di ricerca e soccorso in mare:

1. Il 2016 è già l’anno più letale di sempre e non è ancora finito.

Dal 1 gennaio a oggi almeno 4.690 uomini, donne e bambini sono morti cercando di attraversare il Mediterraneo, circa 1.000 in più rispetto a tutto il 2015. Questo numero non si deve a un aumento significativo degli arrivi ma solo a un’aumentata mortalità. Nel 2016, circa 1 persona su 41 è morta nella traversata. Nonostante i numeri scioccanti e l’enorme perdita di vite umane, la risposta dell’Europa è ancora quella della guerra ai trafficanti, focalizzata su misure deterrenti e sull’esternalizzazione delle frontiere più che sulla necessità di salvare vite e garantire passaggi sicuri in Europa. Con l’unico effetto di spingere i trafficanti a operare in modo ancora più pericoloso per evitare i controlli alle frontiere, a costo di ulteriori morti in mare.

2. Uomini, donne e bambini stipati in barconi sempre più precari

Nel 2016 MSF ha soccorso persone da 134 gommoni di qualità estremamente scadente e da 19 barche di legno. Le grandi barche di legno del 2014 e 2015 sono state sostituite da gommoni economici e “mono-uso”, perché i trafficanti assumono che verranno intercettati e distrutti nell’ambito delle operazioni militari anti-scafisti dell’Unione Europea. Queste imbarcazioni di bassissima qualità hanno causato innumerevoli tragedie e MSF ha recuperato i corpi di persone asfissiate, schiacciate dal peso di centinaia di compagni di viaggio, annegate sul fondo dei gommoni in pozze tossiche di acqua e carburante.

3. Trafficanti sempre più spietati

Le équipe di MSF hanno visto barconi capovolgersi dopo aver passato ore o giorni alla deriva senza motore, perché i trafficanti o altri criminali l’avevano rimosso molto prima che qualunque soccorso fosse possibile. Le persone soccorse raccontano di essere stati tenuti in grotte, fossi o buche nel terreno per giorni o settimane prima di essere spinti a forza in mare su un barcone. Abbiamo sentito di esecuzioni, abusi terribili, violenze sessuali, torture. Rispetto all’anno scorso, abbiamo visto meno persone con giubbotti di salvataggio, cibo, acqua e provviste per il viaggio o con carburante sufficiente. Abbiamo effettuato soccorsi con il mare grosso e a tutte le ore del giorno e della notte. I trafficanti mandano in mare molti barconi insieme a orari improbabili nel tentativo di sfuggire al meccanismo di controllo imposto dalle politiche restrittive e sperando che anche se alcuni di loro saranno catturati, altri passeranno e verranno soccorsi. Le operazioni notturne sono state sempre più frequenti ed è capitato che una sola nave MSF dovesse rispondere a più di 10 chiamate di soccorso in 24 ore.

4. Molti minori non accompagnati sfidano il mare da soli

Il 16% degli arrivi via mare in Italia sono bambini, l’88% di loro sono minori non accompagnati. Una famiglia soccorsa dalla nave Aquarius era guidata da un bambino di 10 anni, che viaggiava da solo con i suoi fratelli, tutti ancora in età da pannolino.

5. Molte donne soccorse sono incinte, molte delle gravidanze sono frutto di violenze

Alcuni dei bambini erano desiderati e sono semplicemente arrivati in un momento difficile, ma molti sono frutto di violenze sessuali in Libia, lungo la rotta o nei paesi di origine. Molte delle donne che soccorriamo, soprattutto quelle che viaggiano da sole, raccontano storie terribili. Altre sono troppo traumatizzate per aprirsi con il nostro staff nel poco tempo passato insieme. La minaccia di violenza è così nota che molte donne provvedono a forme di contraccezione a lungo termine prima di mettersi in viaggio per essere sicure di non rimanere incinte. Nel 2016 sono nati 4 bambini sulle navi di MSF. Per fortuna sono stati soccorsi in tempo da navi con a bordo ostetriche esperte. È terribile pensare a cosa sarebbe successo se il travaglio fosse iniziato prima o fossero state soccorse da navi mercantili senza adeguato personale medico.

6. MSF non aiuta i trafficanti né siamo noi stessi trafficanti

Nel caso dovesse servire, mettiamo in chiaro che MSF non è un trafficante di esseri umani e non è un’operazione anti-trafficanti. Siamo nel Mediterraneo semplicemente per salvare vite umane. I trafficanti sfruttano alcune delle persone più vulnerabili al mondo per trarne profitto e il loro modello di business esiste anche per la mancanza di alternative legali e sicure che permettano alle persone di raggiungere l’Europa. Anche l’instabilità e la crisi economica in Libia sono un fattore importante nella proliferazione delle reti dei trafficanti.

7. Non solo le donne e i bambini sono vulnerabili

Ciascuna delle persone che salviamo ha una storia difficile e se le donne e i bambini hanno vulnerabilità specifiche che richiedono cure e attenzioni particolari, anche gli uomini hanno debolezze spesso più difficili da individuare. Alcuni scappano da una guerra alla quale non vogliono partecipare, altri da torture, reclutamento forzato e violazione dei diritti umani collettivi, altri ancora hanno subito discriminazioni a causa dell’orientamento sessuale, violenza, persecuzioni, povertà estrema e indigenza. Il loro drammatico viaggio inizia in paesi devastati da anni di tensione e instabilità, dal Pakistan ai paesi dell’Africa Subsahariana come la Nigeria o il Gambia, dal corno d’Africa, in particolare l’Eritrea, fino al Medio Oriente.

8. L’Europa non è la prima destinazione per rifugiati e migranti di tutto il mondo

La stragrande maggioranza dei rifugiati e degli altri migranti ha cercato rifugio e lavoro nella propria regione. Secondo i dati dell’UNHCR nessuno dei paesi che ospitano più rifugiati (Turchia, Pakistan, Libano, Iran, Etiopia, Giordania, Kenya, Uganda, Repubblica Democratica del Congo e Ciad) si trova in Europa, ma complessivamente offrono rifugio a più della metà dei rifugiati globali. L’Europa ha ricevuto solo una piccola percentuale dei rifugiati globali ma continua a cercare soluzioni creative per tenere queste persone lontane invece che prendersene cura.

9. Rifugiati e migranti subiscono orribili violenze e abusi in Libia

Per qualunque ragione si trovino in Libia, la violenza e i maltrattamenti che migranti e rifugiati subiscono nel paese non lasciano loro altra scelta che andar via. Secondo le persone intervistate dalle nostre équipe, uomini, donne e un numero sempre crescente di minori non accompagnati (alcuni di appena 8 anni) hanno subito abusi da parte dei trafficanti, dei gruppi armati e di privati cittadini che sfruttano la disperazione di chi fugge da conflitti, persecuzioni o miseria. Tra gli abusi, atti di violenza (anche sessuale), rapimenti, detenzione arbitraria in condizioni disumane, tortura e altre forme di maltrattamento, sfruttamento finanziario e lavori forzati.

10. Intercettare i barconi che lasciano la Libia non è una soluzione

Impedire alle persone di lasciare la Libia le condanna a ulteriori maltrattamenti e abusi da parte dei trafficanti. In base al piano di addestramento introdotto dall’UE, la guardia costiera libica dovrebbe giocare un ruolo fondamentale nelle future politiche di contenimento avviando in acque nazionali operazioni di intercettazione, ricerca, soccorso e ritorno dei barconi. La nostra esperienza dimostra come l’intercettazione di barche sovraffollate e non adatte alla navigazione possa essere estremamente pericolosa in questo ambito e possa aumentare i rischi che queste persone disperate devono affrontare per raggiungere un posto sicuro. Le persone che scappano dalla Libia devono essere soccorse in sicurezza e con tranquillità, e portate in un porto sicuro dove possano ricevere assistenza, fare domanda di asilo o di altre forme di protezione. Nella situazione attuale, la Libia non può essere considerata un porto sicuro per gli sbarchi.


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