19.419.507 No!

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19 milioni e 400mila No, 13 milioni e 400 mila Sì. Per ogni 2 italiani che si sono lasciati convincere da una propaganda battente e univoca, che fosse necessario riformare la Costituzione per garantire più poteri al governo, maggiore governabilità, altri 3 sono andati alle urne per dire che quello era un diversivo, che non è dalla Costituzione, conquistata nella guerra contro il nazifascismo, che vengono i guai per il paese e l’incapacità dei governi.

Renzi si è assunto la responsabilità della sconfitta, ma ha rivendicato l’errore. Ha fatto intendere che lui lo rifarebbe. Ha rivendicato i risultati del suo governo, dal jobs act agli sgravi fiscali, si è vantato di aver portato il PIL dal meno 2 al più 1% e di aver fatto crescere l’occupazione di 600mila unità. Questo pomeriggio rassegnerà le dimissioni, ma già sfida il No ad avanzare proposte, prova a schierare il Pd all’opposizione. Sperando nella rivincita.

Salvini non ha capito niente. Si è presentato e ripresentato davanti alle telecamere e pretende di attribuirsi la vittoria, come se i No potessero semplicemente tramutarsi nel sostegno a un altro Matteo, è sulla scia della vittoria di Trump. “Ha vinto la democrazia”, ha scritto nel suo blog Beppe Grillo, “La sovranità appartiene al popolo, da oggi si inizia ad applicare veramente la nostra Costituzione”. Vero e giusto, ma poi i 5 Stelle hanno spiegato che si può votare subito perché per la Camera una legge elettorale c’è già, vale a dire l’Italicum voluto da Renzi, sia pure con le modifiche che la Consulta chiederà. Per il Senato, aggiungono, si può fare in fretta: 5 giorni di lavoro parlamentare, poi al voto. Non è così.

Quello che è accaduto, ieri 4 dicembre, cambierà la storia del paese. Un popolo intero ha detto No alle scorciatoie maggioritarie e alla democrazia assertiva di Renzi. Ha chiesto più ascolto della volontà degli elettori, più rispetto per la Costituzione. Programmi e non proclami, idee di governo e non ricatti in nome di una ambigua e vaga volontà di cambiamento. Confronto e non l’autosufficienza di un unico capo. Ciò vuol dire che la prossima legge elettorale non potrà prevedere l’elezione diretta del premier, né mandare ancora in parlamento torme di nominati, né formare una maggioranza grazie e premi truffa.

La finanziaria può essere cambiata e messa in sicurezza. Il Senato, ora nella pienezza dei poteri, deve emendarla di ogni regalo a finanzieri ed evasori. E irrobustirla sul fronte delle entrate, tagliando sprechi e prevedendo un prelievo sui patrimoni di chi più ha. Le famose 8 banche, di cui ha parlato Financial Times, non possono restare nel limbo per altri lunghi mesi: vanno nazionalizzate o lasciate fallire. Sono compiti da far tremare i polsi al Presidente del Consiglio a cui Mattarella conferirà l’incarico. I 5 Stelle farebbero male a privilegiare lo streaming, il Pd farebbe malissimo a salirsene, offeso, sull’Aventino. Renzi, che ho visto sinceramente commesso mentre salutava la moglie Agnese, non dovrebbe scappar ancora via con la palla prima del novantesimo, come pare facesse da ragazzo se perdeva. Gli italiani si sono mostrati consapevoli e responsabili, cerchino di esserlo pure i partiti.

1000 giorni, anatomia di un errore. L’Italia ha tutto, diceva Renzi, non le manca niente, è solo prigioniera, come la bella addormentata, dei rovi incantati. Il principe azzurro ha cercato di turlupinare Berlusconi, di mostrarsi più grillino di Grillo, di asfaltare la Cgil, di saltare ogni intermediazione, disboscare ogni potere, per baciare da solo l’Italia dormiente. Ha scoperto, a sue e a nostre spese, che la destra esiste, che il vaffa originale funziona meglio delle imitazioni, che al popolo della crisi non basta dire “cheese” per farlo sorridere, che i lavoratori non sono disposti a barattare la vecchia burocrazia sindacale con i moderni appetiti del manager Marchionne o del finanziere Serra. La vittoria alle europee del 24 maggio 2014 è stata una chimera, il miraggio che perde il viaggiatore nel deserto.

Mi dispiace: Renzi avrebbe potuto essere una risorsa. Se avessimo vissuto tempi ordinari – tempi in cui ancora l’economia capitalista, i mercati e l’Europa parevano procedere con il pilota automatico – questo giovane e volitivo politico fiorentino avrebbe potuto essere il Tony Blair, forse persino il Bill Clinton d’Italia. Ma si è trovato nel bel mezzo di un cambio d’epoca. Perché è finita la lunga pace e con essa la dittatura americana. Perché ormai sappiamo come la finanza globale dorma su un oceano di debiti. La Cina è diventata la prima fabbrica e la prima banca del mondo. Milioni di uomini corrono, rischiando vita, verso le luci delle città dell’occidente. Mentre ceto medio, che moderava le nostre democrazie ora è disorientato e ha paura. Serve un’idea per il futuro, una prospettiva da costruire e con la quale convincere. Non basta l’abilità manovriera, il corpo di un leader che si proponga come rimedio a ogni male. Lo scrivo da anni, ma so che la mia voce, sovrastata dalle trombe del Renzi, rischia ora di disperdersi fra gli echi di chi proverà a mettere il cappello sulla vittoria.

L’importante è combattere. Oggi è un altro giorno ed è un bel giorno. Ce n’est q’un début!

Da corradinomineo


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