In Gold we Trump, ovvero un Trump che si chiama desidero

0 0

E’ indubbio che almeno per un nanosecondo la vittoria del DJ Trump è prima di tutto apparsa come fotocopia della vittoria (plurima) del nostro italico nano primo. Da qui le esilaranti performance web che quanto meno hanno nell’immediatezza stemperato l’annichilimento generale. Passate Hillary e ilarità ci tocca e ci toccherà per davvero trattar Trump. Gli americani hanno così deciso che la prima volta della donna bianca non s’aveva ancora da fare ché avevano già dato con la prima volta dell’uomo nero. Vorrà dire che se ci ripenseranno (minimo fra 4 anni) potranno prendere due al posto di uno, candidando Michelle Obama…. Ma a chi dunque hanno dedicato questa “prima volta”? All’uomo senza un partito che si rivolge al popolo utilizzando poco più dei vocaboli usati per twittare, compresi quelli che servono per insultare.

Tutto il resto appartiene alla sfera personale che quell’uomo ha clonato dai lussuosi fasti trionfali di Luigi XIV che clonò Traiano. Il popolo così può esprimere qualche desiderio, fantasticando.

Dunque gli americani, per la prima volta nella storia, non si sono più chiesti cosa il loro paese poteva fare per loro, tanto meno cosa loro potevano fare per il paese (cit. J.F.Kennedy).  Hanno molto più semplicemente affidato se stessi a un solo americano incuranti persino di quali delfini o squali si circonderà..


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21