La Corte di Strasburgo ha riconosciuto fondata la pena inflitta dalla Cassazione a tre cronisti di merateonline. Attilio Bolzoni: è un nuovo ostacolo alla cronaca
La Corte europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha stabilito che non costituisce violazione della libertà di stampa la condanna a pene detentive di giornalisti che, per ragioni di servizio, intercettano le frequenze radio delle forze dell’ordine. La sentenza della CEDU è stata resa nota il 23 giugno 2016.
Un cronista e giornalista d’inchiesta di provata esperienza, l’inviato di Repubblica Attilio Bolzoni, ha commentato la sentenza, dichiarando a Ossigeno: “All’Ora di Palermo facevamo un uso spasmodico dei baracchini. Restavano accesi giorno e notte e ci addormentavamo in redazione con il sottofondo gracchiante delle radio, ma era il modo per arrivare subito sul luogo del delitto. Sono sentenze, queste della Cassazione e della Cedu, che renderanno ancora più difficile il lavoro dei cronisti di nera, l’ennesima limitazione al diritto di informare”.
La Corte si è espressa su un ricorso presentato nel 2009 da tre giornalisti di Merateonline: il direttore Claudio Brambilla e i cronisti Daniele De Salvo e Fabrizio Alfano. Nel 2008 la Corte di Cassazione aveva confermato la sentenza della Corte d’appello di Milano che li aveva condannati a 15 mesi di carcere (Brambilla e De Salvo) e a sei mesi Alfano, con il beneficio della sospensione delle pene e la non menzione. In primo grado i tre erano stati assolti perché “il fatto non sussiste.”
Nel 2002 i carabinieri eseguirono un ordine di perquisizione degli uffici, delle abitazioni e delle auto dei tre giornalisti per individuare e sequestrare le radio scanner utilizzate per ascoltare le conversazioni sulle frequenze delle forze di polizia. Si tratta di una consolidata prassi dei cronisti quella di ascoltare queste comunicazioni, in modo da giungere tempestivamente sui luoghi delle notizie. E nessuno, a memoria d’uomo, è stato mai condannato per questa diffusa consuetudine. Inoltre, si tratta di frequenze libere e non criptate. E ancora: gli scanner utilizzati possono essere acquistati da chiunque in qualsiasi negozio di elettronica.
Brambilla, De Salvo e Alfano, davanti alla Corte di Strasburgo, hanno sostenuto che le perquisizioni, il sequestro degli scanner e le condanne costituiscono violazione del diritto alla libertà d’espressione, protetto dall‘articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, e un’ingerenza sproporzionata nella libertà di cercare e accedere alle informazioni.
La Corte di Strasburgo ha rigettato questa linea di difesa, stabilendo che le condanne sono state pronunciate sulla base di leggi nazionali (l’articolo 617 del codice penale) e che il fine delle misure decise nei confronti dei giornalisti incriminati era legittimo. I giornalisti, hanno aggiunto i giudici di Strasburgo, devono comportarsi secondo legalità soprattutto nei rapporti con le autorità. Dunque, i giornalisti non sono dispensati dal rispetto delle leggi, anche se la loro attività è tutelata dall’articolo 10 della Convenzione.
GFM