Pd, il pasticciaccio brutto dell’astensione al referendum sulle trivelle. Dimentica che è stato chiesto e ottenuto dai suoi governatori

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Il referendum sulle trivelle scava un altro solco tra la maggioranza e la minoranza del Pd, e riaccende lo scontro in vista della Direzione di lunedì. A far da detonatore, stavolta, la posizione comunicata dal Nazareno all’Agcom in vista della campagna referendaria: astensione. Ovvero il modo più semplice per far fallire il referendum e dunque far prevalere il no. A darne notizia è Roberto Speranza, leader della minoranza interna, che chiede conto ai vertici di una decisione presa senza consultare gli organismi dirigenti. La risposta arriva poche ore dopo, firmata dai vice segretari del Pd Lorenzo Guerini e Deborah Serracchiani, ed è durissima: “Il referendum è inutile”, e dunque la posizione non può che essere di contrarietà. Se qualcuno non è d’accordo, si andrà alla conta lunedì in direzione “e vedremo chi ha i numeri per utilizzare il simbolo del Pd”.

La questione esplode a metà mattinata: “Apprendo dal sito Agcom – scrive Speranza su Facebook – che il Pd avrebbe assunto la posizione dell’astensione al referendum di aprile sulle trivelle in mare. Spero che ciò non sia vero. È una posizione che non condivido affatto e che non credo possa essere compresa da una parte significativa dei nostri elettori. Al netto di una discussione di merito che sarebbe bello fare anche con chi legittimamente può pensarla diversamente, mi chiedo come e dove sarebbe stata assunta questa scelta. La segreteria non si riunisce da mesi. La direzione e l’assemblea non mi risulta abbiano mai discusso di questo referendum. Si può andare avanti così?”. A ruota arrivano le dichiarazioni di Davide Zoggia, Nico Stumpo, Miguel Gotor. Tutti bersaniani e tutti contro la scelta dei vertici Pd. La risposta è affidata nel giro di qualche ora ai vice segretari Dem, che rivendicano di aver preso in questa veste la decisione sulla collocazione del Pd: “Questo referendum è inutile. Non riguarda le energie rinnovabili, non blocca le trivelle (che in Italia sono già bloccate entro le 12 miglia, normativa più dura di tutta Europa), non tocca il nostro patrimonio culturale e ambientale”. Insomma, “non c’è nessuna nuova trivella, ma solo tante bugie”. Al contrario “sarebbe autolesionista bloccare le trivelle esistenti dopo avere costruito gli impianti. Licenziare migliaia di italiani e rinunciare a un po’ di energia disponibile Made in Italy”. E per farlo “spendere anche 300 milioni del contribuente” per far svolgere la consultazione. Se qualcuno non è d’accordo nel Pd, “lunedì in Direzione parleremo anche di questo e vedremo chi ha i numeri – a norma di Statuto – per utilizzare il simbolo del Pd”.

Una nota che non chiude il dibattito, anzi. Prima replica Stumpo: “Lascia sbigottiti il fatto che si voglia ridurre la Direzione nazionale del Pd a luogo di ratifica anziché farla vivere come organo preposto alla discussione politica da cui poi far scaturire le decisioni”. Poi interviene anche Gianni Cuperlo, con un appello ai vertici ad abbassare i toni: “Io andrò a votare, ma il punto non è solo e tanto il merito. Ho letto la dichiarazione dei due vice-segretari del mio partito e dico loro, per piacere fermatevi”. Perché “usare la forza dei numeri per risolvere problemi concreti riflette uno stile autoritario che non fa crescere un partito”. Appello rivolto in particolare a Guerini: “Lorenzo, per amicizia mi rivolgo a te: per piacere, pigia il pedale del freno e fallo subito. Un partito si guida con l’ascolto e la tenacia del confronto. Sono certo che lo pensi anche tu”.

“È scandaloso”, ad avviso del presidente di Legambiente Rossella Muroni, “che il partito democratico si sia iscritto tra i soggetti politici che faranno campagna per l’astensione al referendum del 17 aprile. C’è qualcosa che non funziona nel fatto che il partito del presidente del Consiglio inviti pubblicamente gli italiani a non recarsi alle urne”. Che al governo questo referendum non piaccia “non è cosa nuova – afferma Muroni – Un chiaro segnale è già arrivato dalla scelta della data del 17 aprile, con tempi strettissimi per informare i cittadini sul quesito, e dal rifiuto di optare invece per un election day che, accorpando il referendum alle elezioni amministrative, avrebbe lasciato più tempo per coinvolgere gli italiani e consentito un risparmio non indifferente di 360 milioni di euro alle casse dello Stato”. “Anche noi – prosegue Rossella Muroni – avremmo preferito che questo referendum non avesse luogo. Per evitarlo sarebbe bastato un intervento del governo che andasse incontro alle richieste delle Regioni che hanno promosso la consultazione. Ora, dopo la carta del silenzio sull’indizione del referendum e la valenza del quesito, si gioca quella dell’astensione. Evidentemente spaventa il lavoro d’informazione che, faticosamente, il fronte del Sì sta portando avanti sul territorio sull’assurdità di togliere la scadenza alle concessioni già rilasciate per l’estrazione e la ricerca di gas e petrolio nel nostro mare entro le 12 miglia, per dare agli italiani la possibilità di scegliere con conoscenza di causa. Noi – conclude la presidente di Legambiente – al governo continuiamo a chiedere dov’è il piano energetico nazionale che ci consentirà di rispettare gli impegni internazionali sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica e di andare verso un futuro 100% rinnovabile. Magari ora il Pd ce lo dirà in tv”.

Da jobsnews


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