Papa Francesco in Chiapas chiede perdono a indios: Saccheggiati ed esclusi

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E’ stato accolto con amore e colori. Papa Francesco in Chiapas, la prima messa l’ha celebrata in rispetto ai popoli indigeni, usando le loro lingue tseltal, ch’ol e tzotzil. Subito, ha chiesto “perdono” per le “sistematiche” incomprensioni ed esclusioni subite e per le spoliazioni delle loro terre. “Che tristezza! Quanto farebbe bene a tutti noi fare un esame di coscienza e imparare a dire: perdono!”, ha affermato rivolgendosi alle comunità indigene a San Cristobal de Las Casas. “Il mondo di oggi, spogliato dalla cultura dello scarto, ha bisogno di voi!”, ha aggiunto.

Ad accogliere il Papa alle 10:15 (17:15 in Italia) nel Centro sportivo municipale, centomila persone. La maggior parte era arrivata la notte prima, dormendo fuori, in fila per entrare all’una, quando le porte sono state aperte, ancora al buio. Jose Transito Aguilar, contadino di Tojolabal, ha raccontato di aver viaggiato sei ore per raggiungere il luogo della messa: “Il Papa cerca l’unità, l’unione. Non fa distinzioni tra le persone”.

Monsignor Arizmendi Esquivel, il vescovo degli indios, lo ha salutato con il poncho sopra la veste talare filettata. La gente di qui è consapevole dell’amore del vescovo di Roma “chiamato quasi dalla fine del mondo”, l’appaluso e l’entusiasmo verso Francesco, arrivato sul palco con in mano un pastorale intagliato da un indio, è stato incredibile. Il Papa ha lodato il loro rapporto con la Terra. “Fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che geme e soffre le doglie del parto”, ha detto Francesco citando la sua enciclica ecologica Laudato sì. “La sfida ambientale che viviamo e le sue radici umane ci toccano tutti e ci interpella. Non possiamo più far finta di niente di fronte a una delle maggiori crisi ambientali della storia. In questo voi avete molto da insegnarci”.

Perché “i vostri popoli, come hanno riconosciuto i vescovi dell’America Latina, sanno relazionarsi armonicamente con la natura, che rispettano come ‘fonte di nutrimento, casa comune e altare del condividere umano’ (documento di Aparecida, 472)”. Inoltre, “i giovani di oggi, esposti a una cultura che tenta di sopprimere tutte le ricchezze e le caratteristiche culturali inseguendo un mondo omogeneo – ha concluso il Pontefice -, hanno bisogno che non si perda la saggezza dei loro anziani! Il mondo di oggi, preso dal pragmatismo, ha bisogno di reimparare il valore della gratuità!”.

Durante la “supplica” pronunciata in lingua locale da un rappresentante indio con toni incalzanti e di profonda emozione, quasi piangendo, in tanti hanno ascoltato a capo chino, in ginocchio, con le mani sul viso o sul capo. Il Papa ha ascoltato, a sua volta, in assorto raccoglimento.

Al termine della messa, Papa Francesco ha approvato l’uso della bibbia e del messale nelle lingue delle comunità indigene del chiapas (tseltal, ch’ol e tsotsil). La decisione è stata accolta da un’ovazione dei fedeli.

L’aereo del Pontefice è decollato dall’aeroporto internazionale “Benito Juarez” della capitale messicana – dove Francesco è giunto dalla Nunziatura a bordo della Fiat 500L bianca e nera. Tuxtla Gutiérrez si trova a circa 750 chilometri da Città del Messico, il volo è atterrato intorno alle 15:50 dopo un’ora e 40 minuti.

Dopo la messa, il Papa è rimasto a pranzo con otto rappresentanti degli indios nella Curia vescovile, prima di andare in visita alla cattedrale, dove è sepolto monsignor Samuel Ruiz Garcia, già vescovo di San Cristobal de Las Casa, morto nel 2011: difensore dei diritti delle popolazioni indigene del Messico e dell’America Latina, si offrì anche come mediatore durante il conflitto in Chiapas tra l’indigenista Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale e il governo federale messicano.

Papa ascolta testimonianza coppia divorziati risposati A Tuxla c’è anche una famiglia composta da due genitori divorziati risposati, Humberto e Claudia, tra quelle che portano la loro testimonianza davanti a papa Francesco nell’incontro con le famiglie a Tuxtla Gutierrez, nello stadio affollato da oltre 50 mila persone. Tra le altre quella di una madre single, Beatriz, e una famiglia con un bambino disabile.

La coppia, sposata civilmente da 16 anni, ha raccontato al Papa che Humberto era precedentemente celibe e Claudia divorziata con tre figli. Hanno poi avuto un bambino che “ora ha 11 anni ed è un chierichetto”.

Da tre anni fanno parte di un gruppo di divorziati risposati seguito dalla Chiesa, esperienza che giudicano estremamente positiva. “Come divorziati risposati non possiamo accedere all’eucaristia – hanno detto -, ma possiamo comunicare attraverso il fratello in necessità, il fratello malato, il fratello privato della libertà, ecc. Noi cerchiamo di trasmettere l’amore di Dio, che abbiamo sentito”. I due fanno opera di volontariato in campo sanitario, e anche verso i detenuti, e ne hanno raccontato l’esperienza.

“E’ meraviglioso avere un matrimonio e una famiglia, in cui il centro è Dio”, hanno detto. (Repubblica)

Da sanfrancesco
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