Strage di Piazza Fontana. Avremo mai una risposta?

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Dall’atrio celeste, tiepido di salme, spunta il sole.

Non gl’immortali sono lassù,
bensì i caduti, apprendiamo.
E lo splendore non si cura della corruzione.
La nostra divinità, la Storia, ci ha riservato un sepolcro da cui non vi è resurrezione.
Ingeborg Bachmann nel suo Messaggio raccontava di orrori in cui la crudeltà si fece eterna e il pianto imperdonabile, orrori senza resurrezione né salvezza che segnano
in versi anche il fragore impietoso di bombe come quella che alle 16.37 del 12 dicembre 1969 scoppiò a Milano, in una sede della Banca dell’Agricoltura, uccidendo diciassette innocenti e ferendone ottantotto.
La genesi  della “strategia della tensione” in cui l’ombra si mescola alla verità, il sangue alla carne e la cenere alla vergogna, un deserto di fango in cui un uomo vola giù dalla finestra sporcato da mani intrise di morte e un altro viene ucciso per sordida vendetta.
Giorni senza una carezzevole speranza, senza una nuda risposta, senza un’alba di giustizia, giorni in cui ogni verità è morta, giorni tramutati in mesi e poi in anni di imperdonabile, silente solitudine.
Avrò mai una risposta? La domanda che ancora abita il cuore di ogni uomo fedele alla vita.

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