Per le strade di Parigi

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Parigi silenziosa, le strade vuote, non c’è rabbia né paura negli occhi che incroci. É come se i parigini stessero usando lo stato d’allerta -chiusi teatri, cinema,musei e mercati della domenica- per riflettere. Nulla da ridire sul loro sindaco, Anne Hidalgo, che l’altra notte ha parlato di libertà e diritto alla felicità davanti al Bataclan con il blitz ancora in corso. E neanche, per ora, sul loro Presidente, poco amato ma che ha risposto con calma e fermezza al secondo barbaro attacco in un anno. Questa volta, un vero atto di guerra.

“Guerra totale all’Is”, Repubblica. “Barbari,reagiremo”, Corriere. “Non avremo pietà”, Stampa. I nostri tre grandi giornali mettono, tutti, tra virgolette frasi di Hollande. Però il tono è diverso, più ringhioso, direi scomposto. Qui a Parigi nessuno grida, si cerca di capire. Un composto procuratore della Repubblica ha detto quel che si sa – e che si può comunicare- sui fatti di venerdì 13. Tre commandi, coordinati, 7 terroristi uccisi, che portavano, tutti, una cintura esplosiva. Tre arresti in Belgio e, fra loro, l’uomo che aveva affittato almeno una delle auto usate dai kamikaze. Un terrorista con passaporto siriano e lo status del profugo, uno francese schedato per reati comuni.

Il mandante siriano si è palesato. Questa volta la rivendicazione non è stata lasciata a un semplice gruppo operativo ma rivendicata direttamente dal quartier generale del Daesh, dalla Siria. “Otto fratelli armati”… ma i terroristi morti sono 7. Nel comunicato si indicano gli obiettivi, scelti per colpire “il vizio” e portare la “tempesta” in Europa. Ma potrebbe trattarsi di una giustificazione a posteriori. A Parigi si ritiene che, tra operativi e logistici, gli attentatori fossero 15. E si teme che l’obiettivo primario fosse lo Stade de France, con la partita Francia Germania, 80mila spettatori e Hollande in tribuna. Pure il Corriere parla di “Tre gruppi, decisi a entrare nello stadio”. Qualcosa non ha funzionato ed è partita la folle corsa verso il centro a seminare morte ovunque e comunque? Certo, il Bataclan, musica rock e proprietari ebrei, sembra un obiettivo studiato a tavolino. Però aver colpito nel mucchio, in un quartiere tutto sommato popolare, aver ammazzato un avvocato di sicuro futuro, due ragazze tunisine, un allievo di Renzo Piano, e tanti giovani di periferia che amavano il rock, può rivelarsi un boomerang. Domani, terzo giorno del lutto, la Francia si fermerà per un minuto di silenzio. Lo osserveranno anche le scuole delle periferie musulmane? Dopo Charlie Hebdo in qualche caso non avvenne: era ancora forte l’empatia con i carnefici, assassini ma fratelli nella fede.

Il Giubileo ci sarà. “Ne abbiamo bisogno ora più di prima”, dice il Papa. 800 anni fa il Santo Francesco strappò a Papa Onorio III l’indulgenza del perdono. Tre anni dopo, tra lazzi e ingiurie del campo crociato, Francesco volle incontrare il sultano Malik al-Kamil, nipote del Saladino, di cui restò sempre amico. Ieri John Kerry, per conto di Obama, ha chiuso un accordo con i Russi per una transizione in Siria: dal regime  di Assad e dalla guerra civile a un nuovo ordine in cui possano convivere siriani alawiti, siriani sunniti, siriani cristiani e siriani curdi. Atti che vogliono combattere la guerra con la pace, che mirano a essiccare la fonte della barbarie, tra Siria e Iraq,rendendo quei paesi, ricchi di storia e di cultura, ai siriani e agli iracheni. Atti forti non vili, come le grida di chi vuole sempre mandare qualcun altro in guerra.

La fabbrica della barbarie non è più nelle banlieues, dicevo ieri all’amico Marc Lazar. Ora è il Daesh che ricatta i giovani sunniti del mondo intero e li manda a morire. Alcuni tra i kamikaze si giustificano con le vittime -“è colpa di Hollande che è andato a bombardare in Siria”- avrebbero detto al Bataclan prima di ammazzare e ammazzarsi. Lazar risponde -e certamente ha ragione- che nelle banlieues è più dura oggi che 20 anni fa, che l’odio per gli ebrei si respira nell’aria e che lo stato è impotente. Forse ci mette d’accordo Rossana Rossanda, intervista a Maurizio Caprara. I nuovi terroristi? “No, non sono i dannati della terra. A giudicare dai casi passati non sono neppure i più poveri. Ci sono tracce di disperazione vendicativa: perché un ragazzo si faccia ammazzare serve una decisione. Non posso pensare che siano tutti musulmani integralisti che si fanno uccidere perché sarebbero accolti da bellissime vergini. È un fenomeno che nel ‘900 non c’era, e c’è la necessità di capire come e perché avviene”. Vogliamo provare a capire, per combattere meglio?

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