Il futuro della Sinistra è adesso: nelle sfide del Paese e di Roma Capitale

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Di Massimo Cervellini

Avviare un percorso condiviso e partecipato per costruire un nuovo soggetto politico della Sinistra: questo l’obiettivo dell’incontro che abbiamo organizzato ieri, ricevendo grande risposta in termini di partecipazione, al Teatro de’ Servi, con Gemma Azuni, Raffaella Bolini, Pippo Civati (rappresentato da Pierluigi Sernaglia), Stefano Fassina, Giulio Marcon, Fabio Mussi, dal titolo Per la Sinistra del futuro il tempo è ora (colgo l’occasione per ringraziare e per porgere le nostre scuse a tutti coloro che hanno aderito, ma che purtroppo, per ragioni di sicurezza, non è stato possibile far entrare).

O forse il tempo è ieri, come ha sottolineato ironicamente Fabio Mussi. E proprio i valori di ieri e di oggi, gli stessi di domani – senza mai sacrificare le convinzioni alle convenienze – abbiamo voluto ribadire, il loro senso profondo, per renderli di nuovo potente humus ed iniziare a riseminare un percorso: con quel collante di cui parlava Pino Ferraris – la Sinistra o è sociale, o non è (ed io aggiungo, modestamente: o è popolare, o non è) – e ravvivando quel fondamentale, ineludibile ‘intellettuale collettivo’ di gramsciana memoria che ci fa ritrovare oggi, dopo tutti i tentativi compiuti nel tempo per arrivare ad un soggetto unico della Sinistra, a tentare di nuovo.

Soprattutto di fronte ad un’agenda istituzionale e politica che detta stempi serrati, che non scegliamo noi, ma di fronte ai quali dobbiamo esserci e rispondere con prontezza. Si tratta di un calendario che riguarda tutti i livelli, da quello nazionale a quello territoriale, che interseca trasversalmente la vita di ognuno di noi, nessuno escluso.

Nel mio ruolo di senatore mi riferisco in primis alla riforma della nostra Costituzione, passata in seconda lettura in Aula del Senato: con SEL e il lavoro – piccolo o grande, non spetta a me giudicarlo – delle opposizioni, siamo riusciti a mettere un piede per impedire almeno che la porta blindata di questa provocatoria controriforma si chiudesse definitivamente sulla democrazia e sulla libera determinazione degli elettori, bypassando e facendosi beffa del popolo sovrano. Popolo sovrano che però sarà chiamato a pronunciarsi in un difficile e sofferto referendum che è stato una conquista, oltre che una chiara previsione costituzionale, e non certo ciò che con sovraesposizione mediatica e grande arroganza Renzi ha fatto passare come propria gentile concessione. A pronunciarsi ci sarà la maggioranza degli italiani, quelli che in numeri assoluti hanno liberamente votato nel 2013, e non i rappresentanti frutto incostituzionale del Porcellum.

Ecco quindi che di nuovo, in questi corsi e ricorsi del tempo politico, oggi è già domani e il referendum diventa come il derby, che non si gioca soltanto, ma si deve vincere, consapevoli della pericolosità di questa proposta di controriforma del sistema Paese: non c’è solo l’attacco alla nostra Costituzione – che da solo basterebbe a valutare questo Governo – la trappola sta soprattutto nel combinato disposto tra riforma del Senato e Italicum, che rischia di minare la democrazia, con una maggioranza bulgara col potere di determinare tutti gli assetti istituzionali, in virata libera verso un presidenzialismo senza suffragio universale e senza il confronto con le minoranze, operazione già avviata con la finta cancellazione delle Province, con cui sono state già di fatto abolite democrazia, partecipazione e atti di buon governo.

Per vincere oggi dobbiamo mettere in campo quella parte migliore – che in anni passati siamo riusciti a coagulare – e dobbiamo farlo presto. Vorrei ricordare che la battaglia sul divorzio, madre di tutti i referendum, si ottenne prevalentemente grazie al Partito Radicale, ma si vinse soprattutto grazie all’apporto del Partito Comunista, cioè con l’impegno di una forza popolare, radicata nel Paese, che mise in campo milioni di donne e uomini. Contro tutte le norme che chiudono il fronte alla partecipazione oggi, come mai prima d’ora, dobbiamo riappropriarci di un passaggio fatto di diritti e avere la determinazione di mettere in campo una proposta politica forte e densa di contenuti concreti e programmi, con uno sguardo alla marcia in più dimostrata da Syriza, che ci ha dimostrato inequivocabilmente di saper tenere insieme valori e nuova solidarietà che determinano come naturale conseguenza radicamento e concretezza. Dobbiamo farlo con generosità – se non ora, quando? – aprendo un percorso chiaro, pronto a fare i conti con tutti gli appuntamenti prefissati: soggetti diversi, insieme, senza nessun automatismo, né atteggiamento burocratico, trovando le forme consone a declinare un lavoro comune.

Non è certo pensabile in questo contesto cercare intese con chi in Parlamento ha appoggiato e continua a sostenere pericolosissime controriforme come il Jobs Act, l’Italicum, la ‘Buona Scuola’, la riforma Rai. Dobbiamo trovare la nostra forza costituendo gruppi unitari in Parlamento, dobbiamo assumerci la responsabilità dell’innesco necessario a coinvolgere le donne e gli uomini nei territori e nei posti di lavoro (parola desueta, quest’ultima, che oggi pronunciamo quasi con timore, mentre dovremmo riscoprirne il senso e la bellezza), provando a riconnettere il tessuto sociale del popolo della Sinistra, riaprendo la sintonia col movimento sindacale nella sua interezza – quello delle nostre battaglie di ieri e quello delle nuove forme in cui oggi viene declinato il lavoro – dando voce al bisogno diffuso di democrazia e partecipazione e alla disponibilità che c’è, qui ed ora. Bisogna intercettare questo fermento, prodotto anche dal disagio e dalla drammatica crisi, e dobbiamo muoverci, tutti uguali, senza rendite di posizione, ciascuno protagonista di un’avventura collettiva. Siamo noi – ognuno di noi – i primi a dover essere capaci di metterci in gioco ed essere determinanti e generosi per contribuire alla costruzione del nuovo partito politico della Sinistra.

Questo soggetto – a forte vocazione sociale e di governo – si troverà a sfidare il trasformismo del Pd e ad affrontare i temi complessi dell’attualità politica: lo sviluppo economico in chiave ecologica e il lavoro, senza i quali perde senso l’impianto di qualsiasi costruzione politica; i diritti, capro espiatorio di questo Governo, che tenta di smantellarli facendoli apparire responsabili della crisi; il potenziamento infrastrutturale del Paese; il contrasto al dissesto idrogeologico; la lotta alla corruzione e alla degenerazione della politica, a cominciare da Roma, dove, come ha sinteticamente sottolineato Mussi un partito fortemente corrotto ha sfiduciato un sindaco inadeguato. Roma dovrebbe trovare il coraggio di scommettere sulle proprie risorse, a partire dalle energie positive delle donne e degli uomini della città, e sulle aziende pubbliche che anni di malagestione e tentativi di privatizzazione di Alemanno non hanno messo definitivamente in ginocchio. Per un concreto e proficuo rilancio di Roma è su Roma, sulle sue aziende, i suoi lavoratori e i cittadini che bisogna puntare, sui beni comuni, sui servizi e sullo sviluppo. Concordo perciò con Stefano Fassina quando afferma che la ‘questione romana’ oggi è, sostanzialmente, l’assenza di vocazione economica della Capitale’ per la crisi che ha investito rendite immobiliari, attività edilizia, amministrazioni centrali e grandi aziende pubbliche. E allora dobbiamo riedificare un progetto per Roma, a partire dai due momenti più prossimi che potrebbero costituire uno spartiacque: il primo, l’inizio del processo ‘Mafia Capitale’, che deve dare il segno della discontinuità col passato; il secondo, il Giubileo straordinario, occasione di rilancio e sviluppo economico, infrastrutturale e turistico per Roma che sarà di nuovo, di qui a poco tempo, la porta del mondo. A partire dal cuore di Roma, le sfide del nuovo partito della Sinistra sono imminenti, a tutti i livelli. Il tempo per esserci, per contare, per far sentire la nostra voce, forte e chiara, inequivocabilmente e distintamente di Sinistra, è ora.

Da jobsnews


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