Un processo sull’ecomafia

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Nella generale indifferenza e nei perduranti silenzi è incominciato a Napoli il processo a Cipriano Chianese considerato l’inventore del sistema dei rifiuti”. Un imprenditore che i collaboratori di giustizia, o “pentiti” come altri li chiamano, definiscono “potentissimo e temuto” con rapporti privilegiati con l’Arma dei carabinieri, con i ministri dell’Ambiente, con i governi che si sono succeduti nel ventennio populistico attraversato dal nostro Paese all’incrocio tra la fine del ventesimo e il ventunesimo secolo.

L’aula è vuota, non ci sono associazioni, pochi sono i giornalisti, gli avvocati delle parti civili sono assenti e le televisioni semplicemente mancano. Eppure è la prima volta che il principale imputato deve rispondere alle domande del pubblico ministro della Direzione Distrettuale Antimafia campana.

Chianese è imprenditore, avvocato ed è stato candidato senza fortuna per Forza Italia nelle ultime elezioni politiche generali. L’imputato deve rispondere di associazione mafiosa, disastro ambientale, estorsione e avvelena-mento delle acque. Insieme ai vertici del clan dei Casalesi e in particolare Francesco Bidognetti, noto come Cicciotto e Mezzanotte, il massone Gaetano Cerci legato alla P2  di Licio Gelli. Quando sta per finire un’udienza Chianese si avvicina a Cerci e sussurra (ma viene intercettato):”Quando vi deciderete a parlare sarà forse troppo tardi”.

Le disponibilità economiche dell’imputato principale erano tali da fargli avere rapporti privilegiati con alcuni rappresentanti dello Stato: “Ogni tanto – confessa oggi – ho dato regali in occasione di feste dei Carabinieri. L’ultima volta ho regalato 25 mila euro. Qualche volta regalavo frigoriferi e televisori. Amici e questuanti mi chiedevano anche di entrare nel mio studio per scrivere un verbale con la mia macchina da scrivere.”

L’interrogatorio di Chianese si dipana a proposito delle autorizzazioni e l’organizzazione della sua creatura, la società RESIT, alla quale erano indirizzati i camion dei veleni e pattumi provenienti dalle aziende del Nord. Una perizia consegnata qualche giorno fa alla procura della repubblica di Napoli nel 2010 ha ipotizzato che nel 2064 ci sarà il picco della degenerazione delle sostanze inquinanti e in particolare del prodotto delle 341mila tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi e le 305mila tonnellate di rifiuti solidi urbani che raggiungeranno le falde più profonde del terreno avvelenando centinaia di ettari della campagna campana.

Chianese è un distinto signore capace, secondo l’accusa, di imbastire il traffico illecito dei veleni dal nord al sud del Paese. Quando gli chiedono dei suoi rapporti con la magistratura e della possibilità che fosse nominato consulente del ministero dell’Ambiente, risponde: “Io non ho mai cercato nessuno, sono sempre gli altri a cercarmi. Me l’hanno proposto (e le date contano, nda) nel 1994, nel 1995, nel 2000. Vari personaggi politici e funzionari del ministero dell’Ambiente che bontà loro mi ritenevano esperto ma i nomi erano talmente tanti che, in questo momento, non li ricordo. Si possono ricavare dalle intercettazioni.” Nello studio di Chianese sono state trovate anche bozze non ufficiali di documenti della commissione parlamentare sulle attività connesse al ciclo dei rifiuti. “Non è una cosa irrilevante – sottolinea il pubblico ministero Milita – avere contatti con membri delle Commissione per correggere le bozze.”

Il primo grande “pentito” della camorra, Carmine Schiavone, ha rivelato le prime novità importanti sui rifiuti. L’oro della camorra è il business illegale che ha cambiato per sempre il volto di una regione umiliando amplissime parti del territorio, trasformando la Campania felix in terra dei fuochi. Negli anni Novanta era “un affare autorizzato che faceva entrare soldi nelle tasche del clan”, come ricorda Schiavone, che ha aggiunto: “Gli abitanti di quelle zone rischiano di morire tutti di cancro entro vent’anni, non credo infatti che si salveranno.”
Come la ricostruzione delle vicende del terremoto negli anni Ottanta, il giro economico legato al ciclo dei rifiuti ha costituito la grande occasione di arricchirsi per imprenditori e mafiosi. Chianese sarebbe stato il “coordinatore a livello un poco massonico e un poco politico” del settore che allora  incominciava a crescere.

Il magistrato che sostiene l’accusa al processo napoletano, Alessandro Milita, sottolinea “che la nuova legge sui reati ambientali è piena di trappole e può avere processualmente un impatto negativo soprattutto sul futuro delle prossime generazioni”. C’è da sperare che governo e parlamento se ne rendano conto in tempo e intervengano adeguatamente


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