Somalia: impeachment per il Presidente Mohamud

0 0

Novantatre parlamentari federali hanno sottoscritto la mozione di sfiducia contro il Presidente della Repubblica Federale somala Hassan Sheikh Mohamud ed hanno consegnato il documento al Presidente del Parlamento Mohamed Sheikh Osman Jawari che deve fissare la data per la votazione.

Le accuse dei numerosi parlamentari nei confronti del Presidente Mohamud sono pesantissime.

Si va dalla corruzione, alla malversazione, all’appropriazione degli stipendi dei pubblici dipendenti – inclusi i militari che combattono Al Shabab – all’asservimento di tutti gli organi istituzionali dello Stato, sia esecutivo che giudiziario che finanziario che economico, con la creazione di un esecutivo parallelo a quello ufficiale e diretto dal suo ufficio. In pratica tutto il Consiglio dei ministri risulta esautorato delle sue funzioni che sono esercitate dagli esponenti vicini al Presidente appartenenti alla setta Damul Jadid aderente alla Fratellanza Musulmana.

La mozione prosegue accusando il Presidente Mohamud di varare decreti legge senza alcuna votazione del Parlamento che è finito così per essere anch’esso esautorato delle sue più importanti funzioni legislative. E si tratta di decreti – prosegue l’accusa – che applicano addirittura la pena di morte ai minorenni.

Ma la richiesta di impeachment si estende alla violazione dei diritti umani, inclusa la libertà di stampa e di espressione, all’aver impedito la costituzione di un esercito somalo su base nazionale, alla fomentazione delle rivalità claniche fino all’accusa di aver difeso a spada tratta gli uomini della sua guardia del corpo che hanno ucciso parlamentari dell’opposizione all’interno stesso del palazzo presidenziale.

Un’altra accusa rivolta al Presidente Mohamud dai parlamentari è quella di stipulare personalmente, al posto degli organi istituzionali preposti e, quindi, senza alcun controllo, contratti con compagnie private come quello con la londinese Soma Oil and Gas (nata appena nel 2013) per l’esplorazione energetica in territorio somalo: un contratto sul quale le autorità inglesi stanno indagando per corruzione.

Ancora il Presidente Mohamud viene accusato di contrastare con le armi l’organizzazione Ahlu Sunna Wal Jamaha che, pure, aveva partecipato, con la comunità internazionale, alla sottoscrizione della road map nel 2011 che ha portato alla nascita delle istituzioni federali e di non garantire la sicurezza nazionale che costituiva il primo punto del suo programma di governo così vanificando ogni speranza nelle elezioni a suffragio universale previste nel 2016 e determinando la perdita della fiducia del popolo somalo e dei partner internazionali nel futuro democratico della Somalia.

Un’altra delle accuse è stata quella di aver scritto una lettera in data 23.10.2013 alla Federal Reserve Bank of New York chiedendo, contro la propria firma personale, il pagamento dei depositi somali accantonati sin dall’epoca di Siad Barre (1991) aggirando sia la Banca Centrale di Somalia che il Ministro delle Finanze, mentre le sue due mogli comprano tutto quanto comprabile a Mogadiscio, inclusi immobili pubblici.

Le accuse dei parlamentari, in definitiva, descrivono il Presidente Mohamud, né più né meno, che il dittatore della Somalia sostenuto dalla Fratellanza Musulmana tanto cara alla Turchia.

Il Presidente Mohamud si difende affermando che si tratta di accuse infondate e che fanno solo perdere quel tempo che alla Somalia serve, invece, per le riforme, ma a Mogadiscio in tantissimi ritengono che al fumo delle accuse corrisponda un lauto arrosto.

Distratto dal temibile documento di accusa, il Presidente Mohamud ha consentito che Ahmed Mabobe si autorieleggesse per la seconda volta a capo dell’Amministrazione del Juba con l’aiuto del rappresentante dell’IGAD Afey, del rappresentantedell’Unione Europea Michele Cervone Urso e, sopratutto, dell’Etiopia che ha sequestrato per otto giorni nove degli amministratori della Regione di Gedo – la più importante delle tre che danno vita all’Amministrazione del Juba – onde favorire l’operazione di Madobe.

Il quadro generale della Somalia, a tre anni dall’insediamento di Sheikh Mohamud con il varo delle istituzioni federali, è sconfortante. La sua presidenza non ha consentito alcun serio progresso sulle riforme previste dalla road map disegnata dalla comunità internazionale.

Non ha adottato un progetto per la sicurezza. Non ha adottato un progetto di scolarizzazione nazionale. Non c’è nessun programma per la sanità pubblica. Non c’è alcun programma fiscale. Non è mai stato fatto un censimento della popolazione. Non ha ripristinato gli spazi aerei del Paese. Non c’è una compagnia pubblica di comunicazioni, né di trasporti. Non c’è un servizio postale. Non c’è un sistema bancario. Non c’è la trasparenza della contabilità pubblica. Il porto e l’aeroporto di Mogadiscio sono gestiti da imprese turche in regime di monopolio. L’Etiopia può sciamare sul territorio somalo rapendo i saggi delle comunità per favorire i suoi disegni. Non viene utilizzata la lingua madre somala nelle scuole, tutte private. Non c’è nessuna burocrazia; non c’è illuminazione pubblica; le strade sono insicure ed infestate dai banditi. Le divise mettono paura perché capaci di qualunque vessazione che resta impunità per la totale mancanza del sistema giustizia.

Anche la guerra con Al Shabab sembra più finta che reale: quando il cerchio delle truppe di AMISOM si stringe troppo attorno alle roccaforti dei jihadisti, questi l’abbandonano senza colpo ferire. Segue qualche attentato dimostrativo, ma l’influenza degli islamisti nel ricchissimo centro-meridione somalo resta sostanzialmente immutata.

La verità è che Mohamud è stato eletto Presidente a sorpresa. Comunque vada l’attuale mozione di sfiducia, il suo mandato scadrà tra un anno. E’ vitale per la Somalia che la comunità internazionale non si faccia prendere nuovamente alla sprovvista.

Fonte: Blog Repubblica.it


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21