Ddl di riforma del sistema penale: la ferma contrarietà dell’Associazione Nazionale Magistrati

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L’Associazione Nazionale Magistrati esprime ferma contrarietà al testo del DDL di riforma del settore penale C. 2798, attualmente sottoposto all’esame della Camera. Sul testo originario del disegno di legge l’ANM aveva già manifestato forti riserve in occasione dell’audizione davanti alla Commissione Giustizia. In quella sede avevamo osservato che “l’intervento normativo non appare idoneo a restituire concreta e piena efficacia al sistema penale, limitandosi a singole disposizioni disorganiche, le quali lasciano impregiudicata, e certo non allontanano, l’esigenza di un’urgente rivisitazione sistematica che guardi al processo nel suo complesso. Si aggiunga che alcuni degli aspetti più problematici delle regole processuali non sono affrontati dalla riforma. Per limitarsi a qualche esempio: la disciplina degli avvisi e delle notifiche, le norme sulle nullità, il principio di immutabilità del giudice.”

Per effetto degli emendamenti approvati in sede di esame da parte della Commissione Giustizia, il testo risulta addirittura gravemente peggiorato. Nel rinviare ad altra sede un esame dettagliato del DDL, ci si limita per ora a poche osservazioni esemplificative.

1.      La previsione di un termine di tre mesi successivo alla durata massima delle indagini costituisce un danno gravissimo all’attività investigativa e in particolare alle indagini più delicate e complesse, comprese quelle per terrorismo, mafia, corruzione e criminalità economica. E’ impossibile anche solo immaginare che, conclusa la fase investigativa, in tre mesi la polizia giudiziaria possa ascoltare migliaia di intercettazioni e redigere informative complesse e il pubblico ministero e il gip possano esaminare voluminosi fascicoli e scrivere articolate richieste e ordinanze cautelari nei confronti di numerosi indagati.
Ancora una volta emerge il tentativo di risolvere il problema dell’eccessiva durata dei processi non con riforme strutturali ma imponendo termini illusori che nessuno potrà rispettare.

2.      L’aumento delle pene per alcuni reati di furto e rapina è intervento inutile e demagogico, in mancanza di un generale ripensamento del sistema sanzionatorio (ormai datato e fonte di evidenti squilibri del sistema) e, soprattutto, risulta incoerente con il depotenziamento della fase delle indagini e con l’assenza di interventi in grado di restituire efficienza al processo di primo grado.

3.      L’introduzione del nuovo reato di diffusione di registrazioni fraudolente effettuate da soggetto presente al colloquio da un lato ignora l’esistenza di altre norme che già puniscono condotte analoghe (diffamazione, interferenze illecite nella vita privata), dall’altro rischia – per di più con la previsione di una pena edittale sproporzionata – di comprimere iniziative che rivestono un oggettivo interesse generale (ancorché svolte da soggetti diversi dai giornalisti professionisti).

Interventi su materie così delicate e con effetti così pesanti non dovrebbero essere affidati, come invece avvenuto, a emendamenti presentati e approvati nello spazio di pochi giorni o addirittura di poche ore. Si auspica invece che sul testo possano svolgersi un’ampia discussione e un’attenta riflessione, che portino quanto meno alla correzione dei profili maggiormente critici, in attesa che si realizzi una rivisitazione sistematica del settore penale.

Infine, quanto alla disciplina delle intercettazioni, è grave, si ribadisce, che sia stata scelta la via di una delega largamente generica, che di fatto ostacola una riflessione approfondita in sede parlamentare su una materia così delicata come l’impiego delle intercettazioni e l’equilibrio fra tale impiego, la tutela della riservatezza, il diritto alla difesa e il diritto all’informazione.


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