Tsipras e Merkel, scontro finale nei negoziati sulla Grecia. Usa e Francia tentano la mediazione. L’Italia non conta nulla

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“La discussione si è svolta in un’atmosfera positiva”, ha detto Alexis Tsipras ai giornalisti al termine di una lunga giornata di negoziati tra eurozona e Grecia, “Il processo sarà veloce, partirà nelle prossime ore con l’obiettivo di concluderlo entro la fine della settimana, al più tardi. La parte greca continuerà lo sforzo, avendo l’arma potente del verdetto del popolo greco… la volontà della vasta maggioranza di mettere fine alla discussione sulla Grexit e offrire la prospettiva di uscire definitivamente dalla crisi”. Questo annuncio di Tsipras contrasta con le dichiarazioni che si sono succedute nella tardissima serata di martedì, da parte di alcuni dei protagonisti del vertice, a cominciare da quelle di Angela Merkel, che in conferenza stampa ha confermato che la Grecia proporrà una richiesta di ulteriori prestiti e un elenco di riforme entro mercoledì. Merkel attende “proposte dettagliate” dalla Grecia per un programma di lungo periodo entro giovedì. Tuttavia, la stessa Merkel non ha potuto fare a meno di riconoscere che la discussione all’interno del vertice è stata leale e franca. Ed ha concluso: “rispettiamo il risultato di un referendum, ma ci sono altri 18 stati la cui sovranità va considerata”. Quest’ultima dichiarazione è diventata il mantra delle istituzioni europee e di alcuni leader, soprattutto tedeschi. L’hanno ripetuto Juncker, poi Schulz, poi Gabriel, poi Tusk, ed ora Merkel. E come tutti i mantra nasconde anche un fondo di ipocrita menzogna. In ogni caso, su proposta di Tusk, domenica prossima, 12 luglio avrà luogo un vertice straordinario dei capi di stato e di governo di tutti e 28 i paesi della UE.

Intanto, sia lo staff di Tsipras che la portavoce della Commissione europea, e lo stesso presidente Schulz, hanno confermato che mercoledì Tsipras terrà un discorso all’Assemblea plenaria del Parlamento europeo. Sarà quello lo scenario, anche simbolico, nel quale Tsipras renderà pubbliche le ragioni della Grecia e dirà perché quel mantra che passa di bocca in bocca non funziona. Si tratta di un mantra che rovescia la verità e sposta l’attenzione mediatica e delle opinioni pubbliche europee dall’austerità delle politiche imposte dalla troika, al confronto, forzatissimo, sulle diverse idee di democrazia. Il referendum greco ha mostrato all’Europa una via d’uscita dalla crisi. La risposta, deludente, innescata dai tedeschi e sostenuta da alcuni leader è “sì, d’accordo, ma come la mettiamo con ciò che pensano gli altri 18 paesi?”. Buffo sentirsi sollevare questa obiezione da capi di governo e di stato che hanno accettato ogni sorta di ricatto per rispettare le imposizioni monetarie di istituzioni non elettive e che hanno letteralmente schiacciato i popoli, con aumento della povertà, della disoccupazione, con tagli devastanti al welfare, il fiore all’occhiello d’Europa, dal dopoguerra alla crisi del 2008. Nessun leader ha chiesto alla propria nazione di esprimersi sulle politiche di austerità imposte soprattutto dal Fondo Monetario Internazionale, ed ora vorrebbero contrapporre la democrazia del referendum dei greci al loro modo di vedere l’Europa, un affare tra capi di stati. Tsipras e i greci hanno rotto queste logiche, e noi dovremmo essere loro grati. Per sempre, qualunque cosa accada.

Alexis Tsipras, fortemente sollecitato sia dal vertice dell’eurozona, inconcludente, sia da Angela Merkel e da Francois Hollande, ha presentato i piani di Atene per un nuovo programma di aiuti: essenzialmente si tratterebbe di una richiesta di un accordo di finanziamento a breve termine, per coprire le necessità immediate, e in seguito il varo di una proposta più generale e di più lungo periodo.

Il presidente del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk, vorrebbe una decisione definitiva entra la serata di martedì sulla sostenibilità di un terzo pacchetto per la ristrutturazione del debito greco. Ciò significa che la decisione può essere quella di un accordo con la Grecia, a partire dalle proposte di Tsipras, oppure una sorta di preparazione collettiva a perdere uno dei membri. È evidente che le sensazioni collettive tendono a una sorta di disperazione collettiva, a uno psicodramma inutile e dannoso, mentre si avviano a cenare insieme.

Molto interessante la dichiarazione del premier irlandese Enda Kenny: “è giunto il momento di portare qualche speranza, qualche certezza e la stabilità al popolo greco nel medio termine, perché sta soffrendo molto”. Intanto, si specula sulla possibilità che un altro vertice possa aver luogo domenica – sia che si tratti della firma dell’accordo, sia che si tratti di allestire la Grexit. Tuttavia, qualche considerazione ottimistica arriva dal nuovo ministro delle Finanze greco, Tsakalotos, il quale rivolgendosi alla stampa ha detto: “l’eurozona ha dimostrato una volontà politica di dare alla Grecia una nuova occasione. C’è la volontà politica di una ripartenza”. Lo stesso Tsakalotos ha poi rivelato che la Grecia è pronta ad inviare una lettera al Meccanismo di Salvataggio Europeo per un nuovo programma di aiuti, e per avanzare un programma ponte per la copertura delle necessità di finanziamento di questo mese.

Nel bel mezzo delle trattative e dei colloqui giungono due telefonate dalla Casa Bianca: Obama ha prima voluto sentire da Tsipras le ragioni della Grecia, e le ha sostanzialmente condivise, poi ha chiamato Angela Merkel, esercitando una forte pressione per evitare che la Grecia lasci l’eurozona. La posizione di Obama è nota ormai da tempo. Il presidente degli Usa è molto preoccupato non solo per le conseguenze economiche e sociali dell’uscita dalla UE e dalla eurozona, ma soprattutto per gli effetti geopolitici nel Mediterraneo, che determinerebbero una maggiore instabilità in un quadro già devastato, tra Nordafrica e Medio Oriente, senza contare la grandissima questione delle migrazioni. Da quel che si sa, lo stesso Obama, in qualche modo in questo sostenuto anche dalla Cina, ha voluto esercitare una pressione altrettanto forte anche su Christine Lagarde, la direttrice del Fondo Monetario Internazionale, assente quest’oggi a Bruxelles, ma presente con una dichiarazione chiarissima sulla disponibilità del FMI ad aiutare a Grecia, ma solo se paga i suoi debiti.

Sul tavolo dei negoziati resta comunque il vero centro della discussione di queste ore, soprattutto dopo la pubblicazione del rapporto del FMI sulla insostenibilità del debito e sulla necessità della sua riduzione. È la riduzione del debito greco il grande fantasma che si aggira per l’Europa in queste ore difficili. È il momento che i leader europei, quelli veri, quelli che davvero contano, facciano sentire la loro voce e il loro peso.

Pino Salerno

Da Jobs news

 


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