Assassinio del magistrato Caccia, dopo trent’anni siamo ancora senza la verità

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I familiari del magistrato ucciso a Torino nel 1983 (visto in esclusiva da Il Fatto Quotidiano) hanno presentato un esposto che contrasta con la verità ufficiale dei giudici. Secondo l’avvocato Repici, non fu solo il boss Belfiore ad entrare in scena ma un gruppo interessato alla gestione delle case di scena composto dai mafiosi Santapaola, Epaminonda, Cattafi e  Miano. E si tratta di una nuova pista che porta a ulteriori collegamenti con Roberto Calvi e la loggia massonica coperta P2. Secondo la nuova denuncia presentata pochi giorni fa alla Procura di Milano, il magistrato Caccia non è stato soltanto l’unico magistrato ucciso dalla ‘ndrangheta al Nord ma è stato vittima di un’unica e più ampia rete criminale che si era impadronita della gestione dei Casinò nel Nord Italia  e della Costa Azzurra sotto il controllo delle mafie catanesi, palermitane, calabresi e marsigliesi.

Una rete che ha goduto di “inspiegabili trattamenti di favore” da parte di forze politiche, governi e istituzioni nell’ultimo trentennio. A partire dalla vicenda di quel Domenico Belfiore, unico condannato come mandante del boss della ‘ndrangheta scarcerato pochi giorni fa per gravi problemi di salute.  Si è scoperto che “la principale (quasi esclusiva) fonte di prova sulla quale venne fondata l’intera impalcatura accusatoria, cioè il collaboratore di giustizia Francesco Miano era stato un prodotto del SISDE.. ” La denuncia dell’avvocato Repici invita i giudici ad ascoltare ora anche alcuni magistrati che “possano riferire sulle anomalie che hanno accompagnato l’azione giudiziaria a Milano negli anni Ottanta nei confronti di Cattafi”. Il riferimento è a Rosario Pio Cattafi, boss siciliano indicato dai pentiti come trait d’union tra servizi segreti e Cosa Nostra e che viene indicato come ulteriore ipotetico mandante del delitto del mandante.

Sono giunte anche tracce documentali di canali di finanziamento del banchiere Roberto Calvi dietro l’interessamento di Licio Gelli e Umberto Ortolani, a esponenti impegnati nella gestione del  Casinò Ruhl di Nizza che sono risultati legati anche ai personaggi interessati alla gestione del Casinò di Saint Vincent e alla rete criminale operante intorno a quella struttura e di cui si sarebbero trovati i rapporti con l’ex boss Dome nico Belfiore. Si è parlato anche del tentato omicidio del pretore di Aosta Giovanni Selis oggetto di un attentato dinamitardo nel 1982 da cui rimase miracolosamente illeso. Ascoltato sei prima dell’assassinio Caccia segnalò la pista delle case da gioco prima del suo tragico suicidio di alcuni anni dopo. Peccato che, trent’anni dopo il delitto, dal punto di vista giudiziario, le cose siano ancora al punto iniziale.


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