La guerra tra Draghi e i tedeschi della Bundesbank potrebbe stritolare la Grecia e non solo

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Sulla pelle delle istituzioni politiche ed economiche, e del popolo della Grecia si sta giocando in queste ore e in questi giorni una partita importante, delicata e decisiva, per le sorti dell’intero continente europeo. Il futuro della Grecia è di nuovo sotto i riflettori, non solo delle istituzioni economiche internazionali, ma anche di singoli banchieri centrali, affatto disponibili a cedere alle richieste legittime del governo greco. Mercoledì 13 maggio, Eurostat ha reso noti gli indici di crescita e di decrescita di ciascun paese dei 28 che fanno parte della UE. Naturalmente, l’allarme è scattato quando si è diffuso il giudizio di recessione profonda in cui versa l’economia greca. Non era una novità, dal momento che il governo greco da febbraio sta cercando disperatamente di ottenere un nuovo prestito di 7,2 miliardi di euro contro riforme, a condizioni di parità politiche con la ex troika. E non è un mistero, dal momento che la Grecia ha dovuto pagare le rate del prestito che il Fondo Monetario Internazionale concesse nel 2011-2012, di circa un miliardo di euro. Dunque, la diffusione dei dati relativi al grado di recessione greca ha scatenato i peggiori istinti degli avversari della Grecia e del suo governo. Perciò, sia pure a distanza di migliaia di chilometri, si è vissuto giovedì 14 maggio un rilevante scontro tra autorità economiche europee ed esponenti economici del governo Tsipras.

Le previsione pro e contro della BERS

Nella mattinata di giovedì, la European Bank of Reconstruction and Development, Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS), ha diffuso la sintesi del suo rapporto sullo stato delle economie dell’Est europeo, avvertendo, però, che è proprio la Grecia il perno del futuro anche di queste economie. In sostanza, il rapporto della BERS avverte che se si spinge la Grecia in una situazione di recessione ancora più profonda, ciò avrebbe ripercussioni inimmaginabili sulle economie dell’Europa orientale. Pertanto, duce la BERS occorre trovare un accordo con il governo e le istituzioni greche molto velocemente, perché ciò contribuirebbe ad aumentare il grado di fiducia e di stabilità, e potrebbe garantire il ritorno ad una crescita sia pure modesta nella seconda metà dell’anno, spingendo la Grecia fuori dalla situazione di recessione. La crescita, afferma ancora la BERS, potrebbe salire al 2% nel 2016, come è auspicato nel programma di Quantitative Easing della BCE. Tuttavia, commenta il rapporto della BERS, “queste previsioni verrebbero invalidate del tutto nel caso di uno scenario negativo di mancato pagamento dei debiti sovrani, di mancato controllo dei capitali, di imposizione di limiti al prelievo dei depositi bancari e della possibile introduzione dello ‘pseudo euro’ o di strumenti equivalenti per il pagamento delle obbligazioni domestiche. In questo caso, la Grecia ricadrebbe in una recessione ancora più grave, la cui dimensione e la cui durata sono difficile da quantificare”.

Il Fondo Monetario Internazionale fiducioso sulla ripresa greca

Accanto al doppio scenario previsto dalla BERS, si è fatto vivo anche il Fondo Monetario Internazionale, che fa sapere, attraverso il suo portavoce, Gerry Rice, di non aver perso la speranza che la Grecia possa completare il programma di restituzione del prestito, nonostante i mesi di instabilità e la lentezza degli sviluppi verso l’accordo coi creditori. “Siamo flessibili”, ha detto a Washington Gerry Rice, “siamo aperti a considerare tutte le opzioni. Ma dobbiamo insistere sul raggiungimento degli obiettivi del programma”. Rice ha confermato che Christine Lagarde e Mario Draghi avranno oggi a Washington un colloquio sugli “sviluppi” in Europa.

La doccia fredda dal governatore della Bundesbank, la Banca Centrale tedesca

Nonostante queste aperture di due istituzioni internazionali, che tuttavia sembrano più una tattica da stop&go piuttosto che una vera e propria strategia economica, altrimenti non avrebbero esitato a firmare l’accordo con la Grecia, ci pensa il grande capo della Bundesbank, la Banca Centrale tedesca, a smorzare gli eventuali, pochi, entusiasmi. Jens Weidmann ha intanto criticato il sostegno di urgenza che la BCE ha deciso di fornire alle banche greche. Ha sostanzialmente bocciato il piano di Draghi di Quantitative Easing, che mobilita decine di miliardi di euro di titoli di stato ogni mese, e riassume così il pensiero dei tedeschi: “mi preoccupa l’accresciuta politicizzazione delle banche centrali e le aspettative che costantemente si concentrano su di noi. Si rischia una pericolosa sovraesposizione delle banche centrali. Ciò non solo è in contrasto con i fondamenti della legittimità democratica, ma ci mette in difficoltà perché  non spetta a noi risolvere i problemi dell’Europa”. Ed ecco la stoccata finale contro Mario Draghi e il suo piano: “col programma di Quantitative Easing, le banche centrali dell’eurozona diventano le maggiori creditrici dei governi e si accrescono i legami tra le politiche monetarie e le politiche fiscali. Ciò può sviluppare pressioni sulle banche centrali in future decisioni di politiche monetarie, soprattutto perché verrebbe indebolita l’occasione delle riforme”.

La replica, difficile, di Atene

Dinanzi alla evoluzione di questo dibattito a distanza tra istituzioni economiche internazionali, Atene risponde ufficialmente: “Le istruzioni fornite al nostro team di negoziatori sono di agire in modo tale da velocizzare il processo”. E il ministro delle Finanze Varoufakis fa sapere che non firmerebbe mai un accordo che potrebbe spingere la Grecia in una spirale mortale. Egli non si sogna neppure di proporre alle istituzioni e ai partner europei una sorta di scambio debito-titoli di stato: “L’idea di uno scambio tra il governo greco e la BCE riempie il signor Draghi di timori. Perché lo sapete, Draghi è in guerra con la Bundesbank, che è in guerra contro il Quantitative Easing”.

Pino Salerno

Da jobsnews.it


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