Taranto che accoglie: vi racconto di uno sbarco, di bambini e tarallini

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La tragedia di 700 morti in mare, 700 persone che,  con la speranza negli occhi,  in poche buste di plastica hanno messo tutta la propria vita…e l’hanno perduta tra le onde di un mare,  oggi custode di tutti i loro sogni. E questo è un fatto che fa parlare, su cui tutti scrivono, oggi, e di cui tutti parlano in questi giorni, perché è grande il dolore, tanta la rabbia e molti sono i pregiudizi che fanno da cornice a tutta questa storia di cui non vorrei raccontare mai …
E scelgo i raccontarvi la Taranto che accoglie e le sue storie piccole  di cui molti non sanno nulla.

Qui, all’ombra dei camini della grande industria, nella città dell’Ilva e dei suoi grandi temi sull’ambiente ed il difficile equilibrio con un lavoro che non sa più della dignità di cui dovrebbe essere portatore, ormai è emergenza sbarchi di fratelli migranti da un po’ di giorni.

Taranto nell’estate 2014 ha accolto fratelli migranti a centinaia, mostrando un cuore ed una solidarietà di cui davvero serve dire delle cose. E questo è il racconto di uno sbarco, così, come realmente  avviene in una città in cui non si è mai pronti del tutto, eppure nulla manca, perché scende in campo il cuore grande di chi non si fa domande e dona.

Al porto giunge la nave e da essa sbarcano fratelli, e bus li attendono per condurli in questura per le giuste operazioni di identificazione; poi,  sempre un bus li conduce in un temporaneo centro di prima accoglienza, una palestra.  nello specifico, in cui la protezione civile e volontari autorizzati di diverse associazioni attendono, cercando di fare tutto ciò a cui sono abituati nel migliore dei modi.

Chi parla lingue, inglese, francese, magari arabo si posiziona all’ingresso,  qualcuno è seduto ad una scrivania perché chi arriva dica e scriva nome, cognome, data di nascita e paese di provenienza; altri sono all’interno della struttura per la distribuzione di asciugamani, bagnoschiuma, spazzolini, dentifricio, jeans e t –shirt, una felpa, e poi altri ancora accompagnano verso quel letto che da giorni sognano…tutto organizzato, tutto pensato nei minimi particolari dai volontari che a tutto sono abituati…Ma non ci si  abitua mai alla disperazione e al cuore che si stringe in piccoli gomitoli di un’anima che non riesce a stare in un angolo. E si liberano le gocce dagli occhi, e si libera dal nodo anche la gola.

Passano delle ore e tutto torna in una strana calma, e ragazzi d’un colore deciso diventano come tanti, dei semplici ragazzi che ne hanno passate tante e mangiano un panino raccontandoti cose che mai avresti pensato di sentire, e le raccontano a te, che credi di donare , invece ricevi. E poi c’è quel bus che non resta a Taranto e prende la via d’un luogo lontano in cui un centro di accoglienza attrezzato per minori attende il loro arrivo.

L’autista è un ex migrante, inserito, integrato da anni, fortunato nella sua semplice normalità, che si ferma per una sosta in una stazione di servizio. C’è da fare rifornimento di carburante e a bordo ci sono mamme e bambine di nazionalità  eritrea. Fa caldo e la sete e la fame si fanno sentire e il viaggio è ancora lungo. L’autista incontra lo sguardo del titolare della stazione, un ex migrante in America, che riconosce quella strana sensazione negli occhi di chi ha vissuto e vive il viaggio e le sue mille nostalgie…e va a prendere acqua per tutti e tarallini…


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