Quando l’arte si salva da sola

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Un’improvvisa alluvione, evento ormai fin troppo frequente nella nostra Italia dissestata, invade e devasta lo studio di un artista a Carrara, divorando anche molti volumi a lui cari, libri d’arte e di formazione che sono stati importanti nel suo lavoro. Irrimediabilmente persi? In parte sì, nella loro sostanza cartacea, ma per benefico paradosso risorti come Lazzaro nello spirito e nei pensieri che sapranno ancora ispirare. Perché il danneggiato, Enzo Tinarelli, ha trasfigurato l’incidente in una esposizione a tema, presentata dal critico Aldo Savini nelle sale della biblioteca “Maria Goia” di Cervia. Tinarelli non si è messo a piangere sulle ferite, ma le ha curate con la fantasia  trasformando le suture in piccoli capolavori. Tramite la tecnica che conosce meglio, il mosaico.

Originario di Alfonsine e dunque cresciuto nella cultura musiva di Ravenna fin dalla scuola d’arte – “il mosaico mi ha salvato la vita”, ripete spesso con umiltà francescana – l’artista è l’esempio più esaltante del maestro di bottega, un ruolo che ricopre con qualità antica e ormai rara, all’Accademia di Belle Arti di Carrara, in Francia a Bordeaux, dove possiede una seconda residenza e una seconda patria, e finalmente a casa propria, prestato per lunghi periodi di insegnamento alla locale Accademia. Pur perseguendo un personale percorso di ricerca che lo porta a sperimentare gli esiti più originali dell’arte musiva, la sua massima aspirazione è trasmettere il proprio sapere agli allievi, formarli con inesauribile passione non soltanto nella tecnica di composizione, nel gusto, nell’approfondimento, ma nella digestione metabolica di ciò che l’arte del mosaico ha permesso all’uomo di esprimere portando a perfezione l’infinita potenzialità creativa delle piccole tessere colorate. In ambito figurativo, e non soltanto; lasciando ampio spazio all’inclinazione soggettiva di ognuno, ma non prima che abbiano acquisito ogni trucco e sfumatura, ogni intuizione e applicazione degli eccelsi maestri dell’Impero Romano d’Oriente.

Qualsiasi occasione è propizia per dimostrare il primato del mosaico; lo scorso anno, in occasione del Bicentenario dei Carabinieri, insieme alla sua classe ha progettato e costruito per l’Arma benemerita una sorta di Arco di Trionfo su cui l’immagine del milite piumato veniva ‘rivisitata’ in un’ottica dinamica modernissima, da incantare. Tinarelli concepisce tappeti, tendaggi, manti di mosaico, e fruga nelle fantasie rimosse  dei sogni con una leggerezza a prima vista irriferibile al materiale utilizzato, la pietra al posto dei pennelli; la quale tuttavia consente agli aristocratici seguaci degli artisti bizantini di immaginare scenari sorprendenti, persino figure tridimensionali, animali in posa da idoli domestici, come accade nell’atelier di Giuliano Babini, altro virtuoso del genere che cela il suo genio, al pari del nostro autore, tra le sfumature di un sorriso arcaico e silenzioso.  La mostra di Cervia sottoporrà all’occhio del visitatore dieci opere di Enzo Tinarelli che risuscitano nella partitura visiva i frammenti sopravvissuti al dissesto ambientale, e ne recuperano per magia il senso più autentico. Come nel caso della creazione usata per la copertina del catalogo, “Severini e il mosaico”, in cui appaiono sia il libro che il volto del celebre esponente del Futurismo cresciuto alla pittura ‘divisionista’, interpretazione cromatica non troppo lontana, al pari di “pointinisme’, dall’ispirazione musiva. Nel testo che accompagna la mostra, l’autore nel suo stile antiretorico ama giocare con le parole che, va notato, manipola al pari delle tessere di pietra o di vetro; a iniziare dal titolo dell’intero ciclo “Amore che asSale”, esplicito omaggio al sale dolce alla città ospitante che gli permette di proporsi amorevolmente al suo pubblico. Tinarelli nella presentazione ci parla de “l’amore per il libro, la memoria testuale e illustrativa, la forza evocativa, la conservazione, che possono diventare occasione di un ri-uso, ri-ciclo, in grado di far  ri-vivere in forma diversa questi testi “alluvionati” sottratti al macero.”

Concetti incontestabili, e condivisibili nel divertimento da giocoliere, che tuttavia rimarrebbero inerti senza l’immediato sostegno delle opere, dove le intenzioni, culturali, e  citazioniste, diventano concretamente carne e sangue del suo pensiero. “Mareggiata” è sublime, al pari dell’omaggio a “Afro”, al “Vangelo secondo Ravenna di  André Frossard”, a “Notturno oltremare” e ai tanti cuori spezzettati e ricomposti che ormai rappresentano quasi una sigla, uno stemma araldico dell’autore. Su uno dei cuori si posa la bianca colomba, accanto a un vaso di fiori con dentro il ramo d’ulivo. Non c’è pace fuori dell’arte!


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