Migranti, vertice Ue: Triton sempre più simile a Mare nostrum

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Ecco la bozza delle conclusioni del vertice di oggi. All’operazione di salvataggio di Frontex vengono dati più mezzi e, di fatto, maggiore capacità di salvataggio nonostante resti uguale l’area di competenza (30 miglia). E 5 paesi sono pronti ad aggiungere risorse

 

BRUXELLES – I fondi a Triton verranno raddoppiati da tre a sei milioni al mese, si chiederà agli Stati membri un impegno concreto a fornire più navi, aerei e uomini e si darà mandato all’Alto rappresentante della politica estera dell’Unione Europea, Federica Mogherini, di lanciare un’operazione “militare chirurgica” per la distruzione dei barconi nei porti libici, avvalendosi dell’uso dell’intelligence italiana. Questi i punti principali delle conclusioni a cui dovrebbe arrivare il vertice dei ventotto capi di Stato e di governo che si riuniranno oggi a Bruxelles.

Niente discussioni su un eventuale allargamento dell’area di pattugliamento di Triton, invece, perché – come affermano fonti diplomatiche italiane – manca la volontà politica di farlo.

Nonostante, dalla fine di Mare Nostrum, gli arrivi non siano diminuiti ma siano al contrario aumentati esponenzialmente, quasi tutti i leader europei continuano a temere il cosiddetto effetto chiamata, ovvero il fatto che – se si pattugliano le acque internazionali – si incoraggia un maggior numero di migranti a intraprendere la pericolosa traversata del Mediterraneo. Parafrasando: l’Italia, Malta e Grecia sono isolate e nessun altro, fra i ventotto, vuole che Frontex faccia operare i suoi assets oltre le trenta miglia pattuite. Eppure, affermano fonti europee, se si raddoppiano i fondi di Triton e si aumenta il numero di mezzi a disposizione, de facto si stanno aumentando anche le capacità di salvataggio e soccorso in mare. E sembra che, oltre ai fondi per Triton, già cinque Stati membri abbiano dato disponibilità a fornire nuovi mezzi.

Nella bozza di conclusioni a cui i leader stanno lavorando, la situazione nel Mediterraneo viene definita “una tragedia” e si legge che “l’Europa mobiliterà tutti gli sforzi possibili per prevenire ulteriori perdite di vite e per affrontare alla radice le cause dell’emergenza umana a cui ci troviamo a far fronte, in collaborazione con i paesi di origine e di transito”.

Le quattro direttrici su cui i capi di Stato e di governo intendono muoversi sono rafforzare la presenza europea in mare, lottare contro i trafficanti, evitare che i migranti irregolari intraprendano i viaggi sui barconi e rinforzare la solidarietà interna fra gli Stati membri.

A proposito di quest’ultimo punto, la bozza della dichiarazione finale conferma che si promuoverà un progetto pilota per il reinsediamento di almeno 5.000 rifugiati e richiedenti asilo che saranno accolti dai paesi europei facendoli arrivare direttamente dai paesi di origine. Inoltre si metteranno in atto meccanismi di ricollocazione e ridistribuzione dei migranti a cui gli stati membri potranno partecipare in maniera volontaria. Fonti diplomatiche confermano infatti che non si discuterà della possibile attuazione della direttiva sulla protezione temporanea, quel meccanismo che obbligherebbe gli Stati membri ad accettare un certo numero di immigrati in caso di flussi di arrivi troppo ingenti. Per far scattare questo meccanismo, affermano le fonti, servirebbe una maggioranza qualificata dei paesi nel Consiglio europeo, cosa che attualmente è difficile da raggiungere.

Altri aspetti su cui i leader sembrano concordare sono:
1) l’invio di funzionari dell’Easo (l’ufficio europeo per l’asilo) negli Stati membri che si trovano alle frontiere esterne UE per gestire in maniera più efficace le richieste di protezione internazionale da parte dei migranti che arrivano ma anche per prelevare in maniera più sistematica le loro impronte digitali.
2) Aumentare il sostegno a Tunisia, Egitto, Mali, Niger e Sudan perché controllino meglio i loro confini e blocchino i migranti che cercano di partire.
3) Inviare personale UE nei paesi di origine dei migranti per raccogliere informazioni sui flussi migratori.
4) Lavorare coi partner regionali per migliorare le capacità di tali paesi di collaborare alle operazioni di search and rescue (punto questo molto simile a quello proposto dal ministro dell’Interno Alfano in un documento in cui chiedeva la collaborazione di Egitto e Tunisia nei salvataggi in mare, aspetto che aveva sollevato molte critiche da parte delle Ong umanitarie e da diversi esponenti del Parlamento europeo).
5) Chiedere alla Commissione e all’Alto rappresentante Mogherini, in collaborazione con l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, di utilizzare tutti gli strumenti a loro disposizione, compresi gli aiuti alla cooperazione, per promuovere programmi di rimpatrio dei cosiddetti migranti economici (su questo aspetto fonti italiane confermano che l’approccio che si seguirà nei prossimi mesi e anni sembra quello di accogliere i richiedenti asilo e chi ha diritto alla protezione internazionale, ma di scoraggiare l’immigrazione di carattere economico).
6) Creare un programma rapido per i rimpatri dei migranti irregolari dai paesi alle frontiere esterne dell’UE, col coordinamento di Frontex.

Infine, per quanto riguarda la missione militare UE (in termini tecnici questo tipo di missioni sono chiamate CSDP) per la distruzione dei barconi dei migranti, fonti europee confermano che non ci sarà l’impiego di mezzi terrestri, che si tratterà di interventi precisi e “chirurgici” per distruggere le imbarcazioni nei porti libici, che probabilmente l’Italia sarà a capo dell’operazione (a cui gli altri Stati membri parteciperanno su base volontaria) e che sarà necessaria una cornice Onu: per quel che concerne appunto il coinvolgimento delle Nazioni Unite, si sta pensando a un mandato da chiedere non al Consiglio di Sicurezza ma, data la natura “minimale” della missione, di passare per una procedura più snella attraverso l’assemblea generale. I dettagli tecnici di una tale missione saranno messi a punto nel più breve tempo possibile da Mogherini.

Infine, spiegano fonti europee, le decisioni che saranno prese nel vertice di oggi serviranno ad affrontare l’emergenza più immediata. Poi l’agenda per l’immigrazione, che il commissario Avramopoulos presenterà a fine maggio (probabilmente il 30), conterrà le misure più di medio e lungo termine ma, affermano le stesse fonti, è probabile che i provvedimenti contenuti nell’agenda non avranno effetto prima di fine estate, quindi quando il picco degli sbarchi sarà già alle spalle. (Marizio Molinari)

Da redattoresociale.it


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