Il “Mercatino” contrasta la povertà e soddisfa gli sfizi, tutelando l’ambiente

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Un business in costante crescita, per la catena di magazzini dell’usato che compie 20 anni: 12 euro la spesa media, ma c’è anche chi spende mille euro. Il 10% dei clienti è straniero, ora anche venditori e autori di “un business nel business”. Da maggio, “misureremo l’impatto ambientale di tutti gli oggetti”. Intervista al fondatore

 

ROMA – E’ un luogo di integrazione “tra il bisognoso più bisognoso e il ricco più ricco”, capace di “contrastare la povertà tanto quanto di soddisfare i semplici sfizi”, un luogo in cui si trovano insieme indigenti e collezionisti e dove la spesa media è di 12 euro, ma c’è chi arriva a spenderne oltre mille. “Il mercatino” è una delle realtà più imponenti nel “business” dell’usato: un franchising che compie 20 anni e che, con la sua storia, può raccontare tanto dell’Italia e della sua crisi. Il “volume di affari” di questa rete è n costante crescita: 200 mercatini, 1.930 persone dedicate tra diretto e indotto, 9.490.000 oggetti venduti, 81 milioni di euro di vendite, il 5% in più rispetto al 2013. Ma qual è l’impatto sociale di questa grande idea imprenditoriale? Cosa ha da dire in tema di povertà, di integrazione e di tutela dell’ambiente? Perché questi sono, le principali “parole sociali chiave” di questa realtà, secondo Ettore Sole, fondatore de Il Mercatino. Padre di tre figli, ex operaio della vecchia società telefonica Sip, nel 1989 ha dato corpo all’idea di aprire un “magazzino dove le persone potessero esporre i propri oggetti in contro vendita”. Un magazzino che si pè rapidamente ingrandito e che ha prolificato, dando vita a una catena di negozi su tuutto il territorio nazionale: oggi, oltre 7 mila acquirenti e più di 2 mila venditori.

“Luogo di integrazione tra ricchi e bisognosi”. Se da un lato li mercato dell’usato rappresenta certamente uno strumento di contrasto alla crisi e alla povertà, per Ettore Sole, però, il Mercatino non deve essere considerato “un’oasi di disperati, ma un mondo davvero per tutti: dai bisognosi più bisognosi ai ricchi più ricchi. E’ evidente che il grande risparmio è la ragione principale per cui i clienti si avvicinano, soprattutto le famiglie monoreddito, che faticano oggi ad acquistare anche nei negozi più economici. Ma ci sono anche collezionisti, disponibili a qualsiasi spesa. O persone che entrano in negozio giusto per togliersi uno sfizio. Il risparmio, d’altra parte, è un’esigenza che accomuna poveri e ricchi, soprattutto di fronte ad oggetti di qualità”.

Un terzo del fatturato deriva dall’abbigliamento. ”. Ed è proprio la “qualità per tutti” una delle chiavi del successo del mercato dell’usato in generale e del Mercatino in particolare: “Soprattutto nell’abbigliamento, la merce è molto selezionata, sia dal venditore che dall’acquirente. Gli stranieri, in particolare, cercano quasi sempre abbigliamento firmato, che qui è facilmente accessibile. Ma il ‘non cinese’, il capo di vestiario di qualità, lo cercano tutti”. E questo spiega, probabilmente, la grande richiesta di oggetti di vestiario da parte dei clienti: “proprio l’abbigliamento, che potremmo forse considerare l’unico bene di prima necessità in vendita nei nostri negozi, rappresenta circa un terzo del fatturato – riferisce Sole – E questo, nonostante la grande concorrenza di catene ‘low cost’”. Evidentemente, la qualità è una caratteristica a cui nessuno vuole rinunciare. E che, tra gli scaffali dell’usato, quasi tutti possono permettersi. “La spesa media è si 12 euro – riferisce Sole – e la fascia 1-15 euro copre il 50% del fatturato. Ma vendiamo anche borse da mille euro, insieme a quelle da tre: è un mondo, insomma, davvero per tutti”.

Gli stranieri e il “business nel business”. Un altro aspetto sociale interessante, evidenziato dal fondatore del Mercatino, riguarda gli stranieri, che rappresentano il 10% dei clienti. “All’inizio, venivano nei nostri negozi soprattutto per acquistare, dal 2007-2008 sono anche venditori: segno di stabilità e di integrazione, ma anche di una grande capacità imprenditoriale, che in questi anni stiamo rilevando”. Un aneddoto riesce a spiegare, meglio di tanti dati, questa tendenza relativamente nuova: “Un giorno si rivolse ai nostri negozi un uomo della Costa d’Avorio. Voleva comprare 300 elettrodomestici, soprattutto frigoriferi, sia funzionanti che guasti. Mi disse che sarebbe tornato dopo un mese a pagare e ritirare la merce. Esattamente un mese dopo, di presentò con una corriera, a cui aveva abbassato tutti i sedili: caricò a boro tutta la merce e partì così per l’Africa, dove evidentemente andava a rivenderla. E’ un business nel business, tutto perfettamente regolare, che valorizza anche la grande capacità che queste comunità straniere hanno di recuperare e riparare gli oggetti non funzionanti, che acquistano infatti molto facilmente”.

“Misurare l’impatto ambientale”. Chilometro zero e impatto ambientale sono altre due parole chiave del mercato dell’usato e, in particolare, del Mercatino. Chilometro zero perché i negozi sono una realtà di quartiere e “si adattano al luogo in cui sorgono – spiega Sole – Si compra e si vende a chilometro zero, chi entra nel negozio abita quasi sicuramente in zona”. Soprattutto, però, dal punto di vista ambientale, “abbiamo creato una cultura nuova – spiega Sole – Un tempo l’oggetto usato si buttava, oggi invece si sa che ha valore e non s considera più un rifiuto, ma un piccolo patrimonio, capace di ancora di portare a casa qualcosa”. Tant’è che questo sistema ha permesso, solo nel 2014, di recuperare quasi 50 milioni di oggetti, per un volume complessivo paragonabile a quello di 1.126 grattacieli di 15 piani o, in lunghezza, alla distanza tra Milano e Stoccolma. Ora, “misurare l’impatto ambientale” degli oggetti e quindi gli “eco-vantaggi” di questo business è la prossima, grande sfida del Mercatino. “Abbiamo commissionato il calcolo dell’impatto ambientale di ogni oggetto sulla terra. Abbiamo pesato un mercatino di 1000 metri quadri, pezzo per pezzo, per calcolare l’impatto di ciascuno: un lavoro immane, che ha prodotto il primo dato sull’usato. Ora, a partire da maggio – annuncia Sole – sulla lista di oggetti che i venditori ci presentano, indicheremo l’impatto ambientale: un’accortezza che ci permetterà di accrescere sensibilità e consapevolezza”. (cl)

Da redattoresociale.it


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