La crisi non è solo economica ma della coscienza civile e democratica

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Uno dei problemi che ha di sicuro l’Italia, e dunque anche chi ha la ventura, per poco o molto tempo, di far politica o addirittura di  contribuire a governarla, è l’affollarsi dei problemi che si affollano su piani diversi e che, come  è naturale, influiscono sulle scelte  di politica economica, sociale e culturale che si devono compiere di solito in non troppo tempo e di solito con una situazione parlamentare che sovente è tutt’altro che facile. Basta fare qualche esempio per rendersene conto.

Quando leggo su uno dei grandi quotidiani nazionali che Giuseppe De Rita, il presidente del Censis, che stimo da sempre e che sottolinea a ragione che se noi italiani, uomini e imprese, pagassimo senza fiatare le tasse e riducessimo o addirittura eliminassimo il lavoro nero che nella penisola domina incontrastato faremmo un passo avanti notevole verso la civiltà contemporanea. Ma, nello stesso tempo, ci rendiamo conto che i rapporti tra gli imprenditori e i lavoratori attraversano in questo momento una fase difficile, che il problema principale non è l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (visto che- come ha sottolineato a ragione  Eugenio Scalfari, domenica scorsa su  la Repubblica– è lo spirito medesimo della carta che in molti altri luoghi difende la parità dei diritti tra gli italiani (come ad esempio l’articolo 52 ) e allora i casi sono due: o non ci si ferma sull’articolo 18 ma si difende quel principio. E in questo secondo caso bisogna dirlo con chiarezza perché saremmo contro la costituzione che c’è per volerne un’altra. Ed io, per far solo un esempio personale sono contro questa scelta né  credo su questo piano di restare da solo o con pochi italiani.

La verità, lasciatemelo  dire, è che la situazione italiana rischia di incartarsi se non si crea presto nella politica come nella società a livello nazionale una concordia chiara sugli obbiettivi che si vogliono raggiungere nei prossimi giorni, mesi o ad anni. Disponiamo di una classe politica che è stata educata alla tattica, o a mille tattiche,  piuttosto che alla strategia di cui abbiamo avuto più di un maestro nella nostra storia(e non faccio nomi)e guarda al massimo alla legislatura in corso anche se nessuno può dire quanto durerà ancora. E i problemi del paese sono tanti e quasi da far paure. Non possiamo far finta che il problema sia esclusivamente economico (che pure c’è ed è molto grande) ma è, nello stesso, è un problema di coscienza civile e democratica, di politica davvero vicina ai giovani come agli anziani, alle donne come agli uomini. Se affronteremo i problemi con il respiro necessario potremo uscirne non so in quanto tempo ma uscirne. Se il calcolo è soltanto quello di restare al potere o di andarci, i rischi sono grandi  e mi piacerebbe non assistervi nei prossimi anni. Scalfari ha citato uno scrittore siciliano che anch’io ho amato molto ma che non fu mai ottimista. Il suo nome era Luigi Pirandello ed è proprio l’Italia di oggi il personaggio che fa pensare alla sua commedia sui personaggi in cerca di autore.


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