Don Giovanni e il suo catalogo. Il Caffè 14 luglio

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Vecchi senza casa, bambini con la la valigia, un asino e un carretto che ti portano da Gaza verso l’ignoto. È guerra questa? Non lo so. L’antica Roma bruciava case e spargeva sale per rendere infertile la terra ma solo dopo aver contato i morti in battaglia e passato per le armi troppi nemici.  Israele invece sa (o crede di sapere) dove si annidi il nemico, da dove partiranno i razzi o dove correrà a nascondersi la mente che li arma. Allora lascia un volantino o chiama al telefono “andate via”, e poi bombarda, rade al suolo, distrugge il letto, la cucina, il rubinetto che dava acqua per togliersi di dosso polvere e  disperazione.  La maledizione sui figli, e sui figli dei figli, arriva prima della guerra. Semmai punisce l’odio e punendolo lo alimenta. Manca pure la città del nemico, lo stato aggressore. Perché la Palestina esiste e non esiste. Riconosciuta dall’ONU, come un paria in attesa di negoziati impossibili e di una convivenza su cui nessuno scommette.

Hamas non ha più alleati, dice Oliveir Roy alla Stampa. Non ha ordinato il rapimento dei tre ragazzi israeliani  ma l’ha subito. L’Egitto che odia i “fratelli musulmani” la vorrebbe schiacciata. Il califfato islamico di Al Bagdadi combatte ogni nazionalismo. Gli sceicchi sauditi guidano la contro rivoluzione e l’Iran prova a dialogare con gli Stati Uniti e si difende dal fondamentalismo sunnita. Resta il governo di Israele, per cui la guerra è più che mai istrumentum regni. “Siamo circondati, accerchiati, colpiti dai razzi e dall’odio. Reagiamo. E tu Occidente devi sostenerci!”. Fino a quando, verso quale meta? Gli israeliani, intellettuali e scrittori, che leggiamo sui nostri giornali, denunciano l’errore e l’orrore. Ma tanti altri israeliani, se gli parli, aspettano solo che arabi e musulmani si arrendano, che perdano la speranza, si rassegnino a vivere come le caste intoccabili dell’India. Senza sogni né bandiere, né armi.

L’Europa, ipocrita ed egoista, non vede, non sente e non parla. Ricordava Emma Bonino qualche giorno fa: quando è crollata l’Unione Sovietica, l’Europa ha fatto dell’apertura all’est la sua priorità, Bisognerebbe fare lo stesso con il sud, creare un commissario europeo per il Mediterraneo.  Ma allora era in ballo un interesse vitale della Germania, l’annessione dei Laender orientali. Ora no. Così alziamo le mani e aspettiamo la resa di quel corteo di donne, vecchi e bambini senza casa né patria né sogni. Che si arrendano!

D’altra parte la resa la chiediamo pure a noi stessi. Su twitter chi mi controlla (nel nome di Renzi)  quando non sa più cosa ribattere, mi invita a cedere. Perché resistere è già una colpa. Il Premier dice al Corriere una sciocchezza infamante, che chi si oppone alla sua improbabile riforma del senato lo fa per la pagnotta e per tenersi l’indennità, e tu che fai? Rispondi? Ecco che mostri astio e livore, il fissato sei tu non lui. Ilvo Diamanti spiega che la “Società (è ormai) immediata. Ha abolito il futuro. Ma anche il passato. E vive un eterno presente. Immediato. La società immediata. Ostile alle mediazioni e ai mediatori.”

A che serve discutere con il direttore di un giornale se puoi riempire le pagine del suo giornale con i retroscena che regali a un gruppo di cronisti senza dubbi e in cerca di affermazione? Perché perder tempo discutere con Tocci, che non vuole neppure essere rieletto – Renzi gli ha promesso davanti a centinaia di eletti un posto alla Canera – se puoi blandire e ricattare Berlusconi e Alfano e Calderoli e un giorno, chissà, forse persino Grillo? Scrive Francesco Merlo che il Premier è un seduttore, che Vendola e Fitto dovranno rassegnarsi. Irresistibile come Don Giovanni, Matteo ruba le mogli di Sinistra Ecologia e Liberta e, per conto di Berlusconi, conquista anche quelle di Forza Italia.

A me non sembra strano tutto ciò. Non mi stupisco, come Diamanti, che Renzi pur rimasto immobile – per ora ha fatto poco e promesso troppo – non arretri nei sondaggi. Quel che piace di lui è la sistematica distruzione delle belle case d’un tempo. Via il Senato, ridotto a un bivacco per consiglieri regionali. Giù la Rai, che in fondo quelli – falso! Ma funziona nel dilagante populismo – li pagavamo “noi” col canone. Mettiamo in mora magistrati e burocrati. Distruggiamo le casematte dei sindacati, che non ci hanno difeso. La scuola agonizza? Insegnanti a lavori forzati. E i giornalisti? Quelli bravi sono superbi, spazio ai barbari del retroscena autorizzato, senza rischi perché la fonte è sicura.

Ho detto all’assise di Civati a Livorno – Che accoglienza, davvero grazie! – che non ci sarà sinistra né futuro senza fare i conti col passato. Senza “visione” e coraggio. E c’è bisogno di sinistra perché la distruzione disordinata e veloce, in nome del Renzi seduttore, lascerà forse senza tetto tanti colpevoli di un’altra resa che si è consumata nel passato ventennio, la resa a Berlusconi, al liberismo e al così fan tutti, ma non costruirà una casa nuova e bella per i ragazzi senza lavoro, per gli operai, i precari, per chi paga troppe tasse affinché i ricchi evadano, per chi è onesto in un mondo di corrotti. Credo di aver compreso Renzi e di capire chi ci chiede di alzare bandiera bianca. Ma continuo a pensare che un’onesta e non astiosa opposizione, davanti a troppi spropositi ed errori, serva anche a lui e a loro. Scrive Francesco Merlo, Don Giovanni – Renzi ha il suo Leporello e si chiama Denis Verdini.

Da corradinomineo.it


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