Se il potere corrompe la democrazia

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Simonetta Fiori – la Repubblica

NEI giorni della vergogna dell’Expo, il tema dell’intreccio tra danaro e potere richiama il pubblico del Salone. In una gremita sala gialla si discute delle “oligarchie” e della minaccia che rappresentano per la democrazia. L’occasione è la pubblicazione di un dialogo tra Luciano Canfora e Gustavo Zagrebelsky, curato dallo studioso di filosofia Geminello Preterossi ( La maschera democratica della democrazia , Laterza). Ma cosa s’intende per “oligarchia”? Ezio Mauro propone una sintesi delle definizioni suggerite dai due studiosi. Il governo dei pochi a danno dei molti, «un esercizio del potere che toglie la potestà ad alcuni a vantaggio di altri». Un meccanismo che produce «esclusione» e «diseguaglianza». Qual è la materia della politica oligarchica del nostro tempo? Essa è costituita dal danaro e dal potere, e dal loro reciproco collegamento. «Ma con una differenza fondamentale rispetto al passato. Un tempo potere e denaro erano mezzi, non fini. Oggi potere e denaro sono diventati i fini, da qui lo sconfinamento nell’epoca del nichilismo». Ma per potere esistere — questa la tesi di Zagrebelsky e Canfora — l’oligarchia si deve fingere democratica, finendo per intaccare il cuore stesso della democrazia. «L’organismo democratico viene dato per morto», dice il direttore di Repubblica , «ma io non sono d’accordo. È sbagliato liquidare l’intero sistema politico come un blocco unico. Lo scandalo dell’Expo e la decapitazione della destra berlusconiana per motivi penali — Previti, Dell’Utri, Scajola — ci impongono di dare giudizi motivati, non di prendere a calci l’intero sistema».

La democrazia appare ormai come «un guscio vuoto», replica Zagrebelsky, «ma non è detto che non si possa nuovamente riempire». Il guscio comunque resta. «Oggi vedo proliferare un meccanismo oligarchico che crea consenso chiedendo fedeltà. Ma questo sistema è condannato presto a incepparsi. Con esiti che possono essere di segno opposto: una soluzione autoritaria oppure una ripresa democratica, grazie alla reazione degli “esclusi”». È meno ottimista Canfora, che si definisce un “iperdemocratico” che non può stare sereno «in un mondo segnato dall’omogeneità finanziaria ed economica tra Stati Uniti ed Europa». Secondo lo storico la società italiana è segnata da una rete di “oligarchie concentriche” che dai “clan di paese” salgono alle élite più colte. Quello che lo colpisce «non è tanto il loro potere perverso ma la reticenza con cui vengono coperte anche dai giornali». Sorprende l’intreccio tra danaro e potere? Gian Antonio Stella, inventore giornalistico della “casta”, evoca addirittura una caso di “Expo postunitario” avvenuto nel 1862. Come a dire nihil sub sole novi.

Da libertaegiustizia.it


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