Frau Merkel che fai, ci cacci? Un caffè per l’8 marzo

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Confesso una certa nostalgia per l’8 marzo com’era, un giorno di festa e di mobilitazione. Un giorno con le donne in prima fila, e ti accorgevi di quanto avessero contato, nel 900, quelle amiche e compagne e le loro madri e nonne. A parte talune eccezioni, i leader del movimento che aveva scosso il secolo erano ancora uomini. Ma le donne ne erano state l’anima, l’avevano ispirato, sorretto, pagando spesso il prezzo forte. Movimento per l’emancipazione della donna e per la libertà di tutti, movimento per l’uguaglianza, che nessuno si sognava potesse sacrificare il merito, e movimento per i diritti, i tuoi che rimandano a ogni diritto.

Oggi si parla di parità e di uguaglianza di genere, come se ci si vergognasse a dire donna. Eppure, con la crisi economica che è anche crisi della riproduzione dei rapporti sociali, nel mondo si dispiega una guerra contro le donne (Adriano Sofri). E viene impietosamente alla luce una questione maschile (Pippo Civati). Qualunque ometto non trovi più il suo posto nel lavoro, nella società, nell’ordine quotidiano e nella propria psiche, sfoga sul corpo della donna il senso di impotenza. Le chiede, in modo semi consapevole, di risuscitare antiche regole patriarcali, di tornare al suo posto, di opprimere figli e soprattutto figlie.

Sento la povertà, sento il limite del procedere fabbricando nuove norme, di imporre nuove quote, di riscattare una pessima legge elettorale garantendo un numero pari di candidati tra i sessi, o magari un pari numero di capi lista. Ho visto come la cosa abbia funzionato nelle primarie del Pd: ogni cacicco si è scelto una compagna di corsa, che gli è rimasta doppiamente fedele, in quanto cliente e in quanto  donna. E tuttavia, meglio di niente, meglio questo che le bestialità post moderne di un Brunetta. Preferisco le parlamentari, anche quelle che non si sentono davvero libere. Le trovo comunque più libere dei nostri colleghi uomini. Un diritto da affermare, una differenza da sostenere, una testimonianza di umanità, meno pomposa e più concreta. Eccole! Voterò per la parità di genere.

Repubblica e Stampa si dividono il bicchiere mezzo pieno e quello mezzo vuoto. “Irpef, più soldi in busta paga”. Le agevolazioni riguarderebbero i redditi bassi, fino a 25mila euro, mentre verrebbero pagati per intero i debiti alle imprese. Ma c’è “Il Pasticcio dei fondi UE”, ricorda il giornale di Torino. Bruxelles ha avvertito che quelli previsti per i 6 anni 2014 – 2020 non potranno essere usati per ridurre le tasse. “Renzi (dunque) riparte da zero”. Ma intanto l’euro sfiora al cambio un dollaro e quaranta centesimi, come ci ricorda il Sole24Ore. Stretti tra i no europei e una moneta troppo pesante, così andremo a sbattere.

Credo che abbia ragione Civati. Renzi è sempre più nervoso. E forse si maledice per non aver detto no a Napolitano, quella prima volta che lo ha chiamato al Quirinale, senza neppur aver informato Letta che il suo tempo era scaduto. La frittata purtroppo è fatta e la luna di miele del Premier con una parte (non trascurabile) dell’opinione pubblica è messa a rischio dalle notizie della politica, dai ricatti di Verdini, dai voti segreti, dall’ostruzionismo a 5 Stelle e dalla voglia di esistere dell’ex maggioranza, oggi minoranza, del Pd.

Un consiglio a Renzi. Che è un consiglio anche alla sinistra, a SEL, ai dissidenti a 5 Stelle, a noi stessi. Facciamo come Putin: sfidiamo l’Europa. Portiamo in dote poche misure forti contro la corruzione, l’evasione fiscale, il blocco della pubblica amministrazione ma diciamo subito che dovremo finanziare un piano per rimettere in sesto le nostre colline e le nostre coste, per salvare le città,  digitalizzare il paese e renderlo eco compatibile. Alla Merkel possiamo sempre dire: che fai, ci cacci? Bada, Matteo Renzi che ora i tedeschi vedono bene come, per loro, l’alternativa all’Euro Zona  sia buttarsi sempre più a est, finire nelle braccia di Gazprom e dello Zar russo. Né Obama può permettersi, oggi, che l’Europa lasci cadere l’Italia. Lo so, è rischioso, ma si apre una finestra di opportunità. Traballano le gambe di chi, con sussiego, ci prescriveva i compiti a casa. Fallo, Renzi. Non c’è jobs act che tenga se non si interviene sulla politica economica dell’Europa e dell’Euro. E lascia che il Parlamento, non Verdini, si occupi della legge elettorale.

Da corradinomineo.it


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