Banche delle voci

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90, 60, 90: spero non dispiaccia, ma le “misure” dell’ottava edizione de “Le voci
dell’inchiesta” (a Cinemazero dal 9 al 13 aprile) non hanno nulla a che vedere con quelle
per troppo tempo imposte – quale inderogabile paradigma di perfezione fisica – alle
aspiranti Barbie in carne ed ossa. Piuttosto le vengono consegnate, in quanto
manifestazione da sempre interessata alle diverse “scritture della realtà”, da tre
importanti anniversari che interessano da vicino il sistema dei media nazionale e di cui
essa, pertanto, non poteva non tener conto: i 90 anni della Radio (6 ottobre 1924), i
60 anni della Televisione (3 gennaio 1954), i 90 anni dell’Istituto Luce (settembre
1924).

Tre anniversari da ricordare e festeggiare – nelle sezioni retrospettive del festival (delle
altre sezioni, più focalizzate sull’attualità, darò conto nel prossimo numero della rivista) –
senza alcun intento monumentale e celebrativo, ma limitandosi a portare alla superficie,
con rapide immersioni nelle profondità dei rispettivi archivi audiovisuali, la cui
sorprendente vastità non ci stancheremo mai di esplorare, qualche pezzo “prezioso”
(per ragioni affettive più che strumentali) di quel consistente ed inestimabile patrimonio
immateriale.
Così, se il compleanno della Radio italiana integrerà quello (20 candeline!) di una delle
trasmissioni di Radio3 più seguite e amate dal pubblico, Hollywood Party, l’anniversario
della Televisione diverrà occasione per un duplice tributo a due protagonisti
dell’informazione televisiva nazionale, che finirà (involontariamente?) per moltiplicare, in
un wellesiano gioco di specchi, ricorrenze e commemorazioni: il ricordo della giornalista
del TG3 Ilaria Alpi, a vent’anni dal suo “sacrificio sul campo” (fu uccisa il 20 marzo
1994 a Mogadiscio, Somalia, assieme al cameraman triestino Miran Hrovatin, col quale
stava realizzando un’inchiesta sul traffico di armi e rifiuti tossici); e l’omaggio –
nell’ottantesimo anniversario della nascita – ad Andrea Barbato (1934-1996), uomo
politico, scrittore, autore televisivo e teatrale, sceneggiatore, ma soprattutto inarrivabile
cronista, «il più interessante e originale, un principe della carta stampata che sembrava
nato per il video» (Furio Colombo), che con quel suo stile ironico e distaccato, i suoi toni
pacati e civili e un’integrità morale e professionale non negoziabile ha segnato una delle
stagioni più felici della nostra televisione e del giornalismo italiano.
Mettendo a confronto interviste di ieri e documentari di oggi, commentati dal vivo e
integrati dai ricordi e dalle testimonianze degli amici e dei collaboratori più fidati, sarà
possibile anche ripercorrere la grande lezione umana e civile di uno dei più grandi
innovatori del Novecento, l’industriale, politico, editore, urbanista Adriano Olivetti 
(1901-1960), sfogliando nuovamente le pagine di quell’agenda ideale che l’intellettuale
fuori dagli schemi aveva programmato, fin dall’immediato secondo dopoguerra, per i
cittadini e i lavoratori del nostro Paese. Pagine in cui «si parla di dignità delle persone, di
conoscenza, di comprensione profonda dei valori della cultura, di responsabilità
dell’impresa verso i lavoratori e l’ambiente, e dove la scienza, la tecnologia e l’economia
sono strumenti al servizio dell’uomo e della comunità» (Valerio Ochetto). Un Paese
ideale ma possibile, quello immaginato dall’imprenditore di Ivrea, ben diverso dal Paese
reale (dodici milioni di poveri, centomila emigranti l’anno, un Sud con il 48% delle case
senza acqua potabile), che fa da sfondo, nel 1954, a un’impresa eroica, organizzata a
tavolino, con l’intento di mostrare a un paese fiaccato e diviso quello che gli italiani sono
in grado di fare, riuscendo là dove più importanti nazioni avevano fallito: la conquista del
K2, seconda (e, all’epoca, ancora inesplorata) vetta del mondo. Con una selezione di rari
e interessanti materiali storici – che odorano stavolta di celluloide – e l’ausilio delle
inchieste e ricostruzioni più recenti ed aggiornate, il festival cercherà di fare luce su una
vicenda che, a 60 anni di distanza, appare ancora avvolta dalle nebbie d’alta quota, tra
verità ufficiali e versioni personali dei fatti, rivelazioni e insabbiamenti, scandali e misteri,
coperti, a quanto pare, persino dalla Ragion di Stato.


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