Il caso Lo Giudice

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Il caso legato alla famiglia Lo Giudice ha oggi una fase nuova e imprevista di fronte all’arresto improvviso di Antonino Lo Giudice,detto Nino il nano, che aveva raggiunto nella ‘ndrina di Reggio il grado di mammasantissima e che, arrestato tre anni fa,è diventato ormai un collaboratore di giustizia.
Lo Giudice ha confessato di essere il mandante degli attentati dinaminardi compiuti nei confronti dei giudici della procura calabrese dopo che già quattro testimoni lo additavano come l’architetto delle azioni compiute dalla ‘ndrangheta calabrese nei confronti del procuratore Giuseppe Pignatone,ormai procuratore capo a Rona e del giudice Salvatore Di Landro. Il fratello di Antonino Lo Giudice,Luciano più giovane,ha gestito, in questi anni, l’armeria della ‘ndrina costituita anche da armi di guerra.Rapine e omicidi costituivano negli ultimi anni,l’attività principale del gruppo di comando che agiva nella parte meridionale della provincia di Reggio Calabria.
In Calabria,terra di nascita e di origine della ndrangheta che ha ormai filiali e dipendendenza in tutto il mondo e soprattutto in Germania e in Francia come nelle due Americhe, l’attacco ai giudici incaricati dei processi è diretta e si svolge con bombe e bazooka come se le forze dell’ordine non esistessero o non fossero in grado, comunque, di difendere la legge e l’ordine, come avviene nel resto del vecchio continente.
La forza della ‘ndrangheta nell’area di Reggio Calabria è confermata dai numeri dell’associazione mafiosa:73 sodalizi criminali con un esercito di 7358 affiliati,tra cui 255 donne,pari al tre per cento del totale.Nonostante le due guerre di mafia e gli ultimi arresti che hanno portato in carcere molti pericolosi latitanti(e l’arresto di Lo Giudice è tra quelli decisivi nella nuova fase che si è determinata da qualche mese)le cosche del reggino costituiscono un punto di riferimento importante per tutte le ‘ndrine calabresi. Nel traffico di droga la ‘ndrangheta dell’area reggina ha rafforzato la propria leadership a livello internazionale intensificando i legami con le altre consorterie criminali anche nel settore del riciclaggio del denaro sporco,realizzato attraverso sofisticati e consolidati network finanziari.Gli interessi delle varie ‘ndrine sono stati indirizzati anche sui lavori di ammodernamento dell’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria e sulle attività connesse al porto di Gioia Tauro che ha assunto un ruolo fondamentale negli scambi commerciali dell’area del Mediterraneo.E proprio nel porto di Gioia Tauro il raggruppamento speciale operativo dei carabinieri ha scoperto il 24 maggio 2002 circa 225 chilogrammi di cocaina a bordo della nave Greenwich Maerks,proveniente dal porto di Cartagena in Colombia nell’ambito dell’indagine “Tessaloniki” che tra l’altro ha accertato l’esistenza di un giro che coinvolge-
va personaggi di spessore internazionale stanziati in Grecia,
Bulgaria,Macedonia, e Albania.Altrettanto significativa è stata l’operazione condotta dal Gruppo operativo antidroga della Guardia di Finanza di Reggio Calabria che il 2 novembre 2003, in uno dei container sbarcati da una nave proveniente dalla Spagna, ha scoperto e sequestrato 350 chilogrammi di cocaina,celata in fusti contenenti succo di ananas.
Ma sarebbe ingenuo e infondato pensare che il commercio di stupefacenti sia l’attività principale o unica delle ‘ndrine di cui Lo Giudice era diventato negli ultimi anni uno dei capi indiscussi.L’attività della ‘ndrangheta include,accanto al traffico della cocaina e altre droghe,la tratta di esseri umani dall’Africa all’ Occidente,il commercio delle armi per le tante guerre che ancora si svolgono nei vari continenti,il riclaggio del denaro che circola dal mercato illecito a quello legale e altre attività proprie delle associazioni mafiose.
Di qui l’importanza della cattura di un “mammasantissima” come Antonino Lo Giudice ma anche l’insufficienza del risultato se ad esso non segue una lotta culturale e politiche alle mafie che non vediamo ancora nel nostro paese.


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