E se il papa andasse a Riyadh?

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L’imminente visita di Putin in Vaticano è un’opportunità e un rischio. Contro la deriva identitaria serve un gesto profetico.

Il disordine in Medio Oriente è considerevole. Dei grandi attori internazionali tutti sembrano sulla difensiva fuorché uno, Vladimir Putin. Con una lucida strategia in testa ha salvato il genocida Bashar al-Assad, con l’ausilio delle brigate fasciste di Hasan Nasrallah, e ora vuole proclamarsi protettore dei cristiani orientali. Un disegno con diversi corollari: l’asse con l’Iran, la ridefinizione della regione su linee etnico confessionali dove lui e Tehran si fanno protettori delle minoranze.

La propaganda per far questo serve: ed è la propaganda di Mosca e Tehran ad averci convinto che il terrorismo sia proprietà di al Qaida. I pasdaran, gli hezbollah, non vengono mai citati quando si parla di terrorismo, pur avendo condotto in Siria la macabra danza della pulizia etnica, sterminando migliaia di innocenti.

Di certo sono stati loro a salvare Assad, convincendolo a tirare fuori dal carcere i leader qaedisti, acciocché facessero il lavoro sporco per conto del regime siriano, sconfiggere la rivoluzione e presentarla pure come “terroristica”.

L’operazione è andata a buon fine grazie anche all’ausilio esterno prestato dalla propagandista di Assad, suor Agnese de la Croix, vero anello di collegamento tra Mosca e Damasco.

Ora zar Putin vuole passare all’incasso politico: la sua Mosca deve diventare la “Terza Roma”, intestarsi la rappresentanza degli interessi cristiani nel Medio Oriente, facendosi garante della loro sopravvivenza nel nuovo assetto russo-persiano (finalizzato in realtà al controllo del petrolio).

Dall’altra parte c’è un vastissimo mondo sunnita ferito, insanguinato, isolato. Come sarà stato preso dal vasto pubblico sunnita l’abbandono al proprio destino del popolo siriano, bombardato e poi anche gassato senza che noi muovessimo un dito? Bene? Come se non bastasse poi quel popolo è stato presentato anche come “terrorista” da chi lo ha abbandonato (Casa Bianca in testa). Questo avrà contribuito a rendere migliori i rapporti tra noi (Europa, “Occidente”) e il vasto mondo arabo-sunnita?

Per tutto questi motivi la visita di Vladimir Putin è una chance e un rischio. Non si dice, ma è noto che il suo vero obiettivo potrebbe essere quello di spingere Roma ad accettare la trasformazione delle chiese orientali da territoriali in comunitarie, con grave nocumento per Roma ma con grande vantaggio per chi sogna confini identitari (un “maronitistan” sul Monte Libano, ad esempio) nel “nuovo Medio Oriente”. Un disastro. Occorre una prospettiva profetica: ad esempio un’imminente sosta di papa Francesco nell’impresentabile Riyadh, con tutte le sue criticità e indigirebilità, sarebbe un potente antidoto ai venti di guerra e di sconquasso del Mediterraneo che le scelleratezze, le propagande e le pavidità di questo biennio stanno producendo.
(r.c.)

da ilmondodiannibale.it


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