Liberiamoci dalla logica dello sfascio

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Adesso, di fronte al disastro definitivo, con il baratro della Grecia a un passo e il serio rischio che saltino tutti gli argini e crollino tutte le dighe erette faticosamente in questi anni dalla Costituzione e dal concetto di Stato di diritto; insomma adesso che la scena finale de “Il Caimano” di Moretti sembra Disneyland in confronto allo scenario da incubo che si trova a fronteggiare il Paese, persino gli editorialisti “terzisti” (ossia i berlusconiani che non hanno mai avuto il coraggio di confessare apertamente la propria fede politica) si rendono perfettamente conto che così non si può andare avanti. E allora si sbracciano, lanciano improbabili appelli ai moderati del centrodestra, sostengono che oramai Berlusconi sia diventato un soggetto inaffidabile da abbandonare al proprio destino per il bene dell’Italia e auspicano, con diciannove anni di ritardo, un ritorno alla normalità per il quale ci vorranno almeno vent’anni, sempre che non spunti fuori qualche “berluschino” pronto a raccogliere l’eredità e proseguire la missione di sfascio promossa da un leader oramai in disarmo.

La verità, dunque, è che quei vasti settori dell’informazione che oggi professano una sorta di anti-berlusconismo militante non si comportano così solo per indurre i presunti moderati del centrodestra (sempre che ne sia rimasto davvero qualcuno) a ragionare e non fare follie bensì, soprattutto, per provare a salvare la propria coscienza e il proprio prestigio, non sempre conseguito con pieno merito, dall’affondamento di una nave che oramai imbarca acqua da tutte le parti. E lo stesso discorso vale per le élite, per una parte del mondo industriale, per decine di intellettuali o pseudo-tali, per il mondo della televisione in cui Berlusconi ha sguazzato alla grande fino a ieri, insomma per tutti coloro che cercano di affrancarsi da una complicità che peserà per sempre sulle loro coscienze.

Sia chiaro: avendo combattuto per oltre dieci anni in trincea contro ogni forma di censura, epurazione e lista di proscrizione, non è certo nostra intenzione redigere l’elenco dei reietti; vogliamo, però, che tutti gli italiani sappiano che, se siamo ridotti così, con un Parlamento di nominati e un insieme di partiti personali e padronali incapaci persino di confrontarsi nei luoghi preposti al dialogo, la colpa non è solo di Berlusconi e del suo “cerchio tragico” di falchi, pitonesse ed esaltati vari ma anche di quel vasto mondo che sapeva e avrebbe dovuto denunciare questa deriva amorale e contraria ai princìpi costituzionali e invece ha preferito tacere, avallare, far finta di niente, voltarsi dall’altra parte mentre il Paese precipitava a velocità supersonica nell’abisso di una crisi che non è affatto solo economica.
Devono sapere, infatti, i cittadini onesti e perbene che la maggior parte dei galantuomini che oggi si travestono da statisti sono gli stessi che, quando noi denunciavamo queste stesse cose dieci anni fa, spesso a costo di querele e noie professionali e politiche d’ogni genere, ci accusavano di essere dei fissati, di non essere al passo coi tempi, di non saper accettare le sfide della modernità e altre intollerabili e barbare fandonie che hanno consentito a un soggetto palesemente inadeguato ed evidentemente inadatto a ricoprire determinate cariche di sfregiare, sfigurare e ridurre in poltiglia una delle culle del pensiero occidentale.

Lo stesso discorso, mi spiace dirlo, vale per quegli esponenti della rediviva Forza Italia che, nella speranza di proseguire la propria carriera e provare a essere protagonisti del dopo-Berlusconi, ora si appellano ai supremi interessi della Nazione da rimettere al centro del dibattito pubblico e parlamentare. Peccato che siano, per lo più, gli stessi che in questi quattro lustri hanno votato e difeso a spada tratta ogni legge “ad personam”, ogni provvedimento che infliggeva un’ulteriore picconata alla Costituzione, ogni aberrazione come, ad esempio, le illustri parentele della giovane Ruby e ogni deriva di un uomo che saranno almeno quattro-cinque anni che dà l’impressione di non essere più lucido.

Per carità, il nostro auspicio è che, quando si recherà alle Camere, Enrico Letta trovi una maggioranza solida, coesa e desiderosa di condurre l’esperienza di governo fino al termine del semestre di presidenza dell’Unione Europea; fatto sta che non abbiamo alcuna volontà di far passare per eroi della Resistenza dei soggetti che di eroico non hanno proprio nulla e che, al massimo, con almeno un decennio di ritardo, avendo capito che Berlusconi è oramai all’ultima corsa, stanno provando disperatamente a mettersi in salvo, presentandosi come dei marziani quando, al contrario, sono spesso responsabili quanto e più dell’(ex) Cavaliere delle condizioni di sfacelo in cui versa attualmente l’Italia.

Se poi, come alcuni temono e altri sperano, il governo Letta non dovesse farcela, l’unica soluzione politicamente praticabile (tralasciando maggioranze scilipotiche che, oltre ad essere raffazzonate, si rivelano spesso dannose per il Paese) potrebbe essere il coinvolgimento della società civile e dei suoi rappresentanti migliori, con il duplice auspicio che non si rivelino peggiori dei cosiddetti “politici di professione” e che acquisiscano una seria e solida cultura di governo.

Il vero nodo nei prossimi giorni sarà, pertanto, quello di intuire le future mosse degli avversari e comportarsi di conseguenza.
Personalmente, per quel che conta e che vale, ho compiuto la mia scelta: se si dovesse tornare alle urne – come detto – la sola via che abbia un senso percorrere sarebbe la costruzione di un campo largo della sinistra, guidato dallo stesso Letta e in grado di rendere protagonisti sia gli amici e compagni di SEL sia i movimenti sorti spontaneamente in questi anni sia l’ala cattolica e riccardiana di Scelta Civica. Prima, però, è indispensabile tirare una riga sull’ignobile Porcellum e tornare al Mattarellum e, in particolare, approvare con chiunque ci stia una Legge di Stabilità che tenga conto sia delle ristrettezze del bilancio sia delle esigenze di merito, solidarietà, uguaglianza, pari opportunità e diritti di una società sempre più povera e diseguale.

Se nemmeno così dovessimo riuscire a sbloccare quest’insostenibile situazione di stallo e d’incertezza, il Paese piomberebbe nel caos, con buona pace degli inetti che hanno avallato di fatto il populismo e di tutti coloro che, per troppo tempo, hanno lasciato soli i pochi che non hanno mai rinunciato a dire la verità e cioè che l’Italia di Berlusconi sarebbe finita nel peggiore dei modi e che – per dirla con Montanelli – non è poi di gran conforto il fatto di sapere di aver sempre avuto ragione.


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