La fine del potere dei corleonesi. Riina parla della trattativa Stato mafia, a modo suo

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Pietro Orsatti

Il capo dei corleonesi, in carcere dal ’94, dopo tanto silenzio ha parlato. Non a un giudice, ma a lato di un processo a dei carabinieri. Era già capitato ma non certo in questi termini. In un’aula di tribunale, e una frase che sembrava quasi essere l’accenno a un possibile pentimento l’aveva raccolta Saverio Lodato de L’Unità. Poi non parlò più e negò tutto, Totò Riina, gli era bastato mandare qualche messaggio a chi di dovere con quel semplice accenno.

Ora no, invece. Parla, in una pausa del processo sulla trattativa Stato mafia nell’udienza 31 maggio scorso, agli agenti in custodia del Gom. E sono parole che pesano. “Io non cercavo nessuno, erano loro che cercavano me” e poi “”A me mi ha fatto arrestare Provenzano e Ciancimino, non come dicono i carabinieri” e poi nega l’esistenza del famigerato “papello”. Il primo a parlarne di quel “papello lungo tanto” fu Giovanni Brusca, e proprio a Brusca il boss si riallaccia, aprendo ulteriori scenari anche sul ruolo dei servizi e sulla strage di via D’Amelio: “non ha fatto tutto da solo (Brusca, nda), c’è la mano dei servizi segreti. La stessa cosa vale anche per l’agenda rossa. Ha visto cosa hanno fatto? Perché non vanno da quello che aveva in mano la borsa e si fanno consegnare la l’agenda. In via D’Amelio c’erano i servizi”.

Il messaggio Totò Riina l’ha mandato forte e chiaro. A chi è tutto da capire. Come è tutta da capire la fondatezza delle sue affermazioni. Primo: lui non avrebbe preparato il “papello” e non avrebbe chiesto di trattare, ma sarebbero stati altri (chi? Il Ros? I Servizi? Politici?) ad andare da lui. Secondo, Provenzano e Ciancimino (e sottintende che erano loro a trattare) lo avrebbero venduto e fatto arrestare. Terzo, dietro la strage di via D’Amelio non ci sarebbe stata solo la mafia ma anche “i servizi”.

Non dichiara a un giudice, non in un’aula di tribunale (le frasi sono state raccolte in una pausa di un collegamento di videoconferenza), ma Riina, nonostante l’età e il carcere duro a cui è sottoposto, è e rimane lucidissimo. Ed è perfettamente consapevole delle conseguenze delle sue dichiarazioni. Si apre, questo è evidente, una partita completamente nuova. Se Riina parla, e se le sue parole trovassero conferma, si riscriveranno i libri di storia. Non è una cosa da poco, anzi, è la fine di un’epoca.

È la fine, soprattutto, del potere dei corleonesi. Non una resa, ma una presa d’atto. Cade l’ultimo muro. Cosa nostra non è più in mano loro. Chi perse la guerra di mafia degli anni ’80 ha ripreso il suo posto? O si tratta di soggetti nuovi? È per questo che Riina parla?

La sensazione è che sia solo l’inizio. Di cosa è difficile capire.

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Un’ulteriore chicca ce la riserva in coda, ed è in risposta a una domanda che gli fa uno degli agenti sul famoso bacio ad Andreotti: “Appuntato, lei mi vede che possa baciare Andreotti? Le posso dire che era un galantuomo e che io sono stato dell’area andreottiana da sempre”. Nega il bacio, conferma la vicinanza “politica”. Un capolavoro.

Da isiciliani.it


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