Dopo aver fatto il governo, fare i cittadini italiani (Ad esempio, dando la cittadinanza ai bambini figli di stranieri nati o che studiano in Italia)

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Sono nati in Italia, frequentano le scuole italiane, tifano per le nostre squadre e si esaltano per i nostri campioni e sono compagni di classe dei nostri figli, ma ora, a 18 anni, se si dimenticano di fare richiesta della cittadinanza, possibilità che spesso non sanno di avere, scoprono di essere diversi dagli altri per lo stato dove sono sempre vissuti.

Il pretesto può essere il più vario: una gita scolastica da fare fuori dall’Italia, oppure un viaggio con l’oratorio o un’altra associazione di cui fanno parte: se il permesso di soggiorno scade, nell’attesa che arrivi quello nuovo, non si può lasciare il Paese. E poi le code per il permesso, i documenti da presentare per il rinnovo: trattati da stranieri in casa propria.

Se non si fa la richiesta a 18 anni, ce ne vogliono altri 10 di residenza continuativa per ottenere la cittadinanza, che non significa solo diritto di voto, ma anche possibilità di lavorare nello stato, di fare il medico, l’infermiera, il professore negli ospedali e nelle scuole italiane, ma anche di accedere agli ordini come quello degli avvocati. Succede così che ragazzi nati qui abbiano finito l’università ma non possano accedere ad alcuni lavori perché non hanno fatto, a suo tempo, la richiesta della cittadinanza; eppure in Italia, ad esempio, ci sarebbe molto bisogno di infermieri.

Si può porre fine a questa disparità fra cittadinanza culturale e cittadinanza legale? È quello che si è cercato di mettere in campo con le proposte di legge sulla cittadinanza presentate in questi giorni in Parlamento. Le proposte più discusse attualmente sono la Bersani-Speranza-Kyenge del PD e la Marazziti-Santerini et al. di Scelta Civica con Monti per l’Italia. La prima si occupa dei minori, la seconda contiene proposte anche per gli adulti. Per sgomberare il campo dagli equivoci, sottolineiamo che nessuna delle due proposte prevede lo ius soli puro: ovvero la norma per cui un bambino che nasce in Italia sia automaticamente da considerarsi italiano. Quello che prevedono entrambe è di contemperare uno ius soli temperato, secondo il quale è cittadino italiano chi nasce in Italia da genitori nati in Italia o regolarmente residenti da almeno un anno, con lo ius culturae, per cui diventa cittadino italiano chi completa in Italia un ciclo di studi.

Per facilitare l’acquisizione di tale requisito nella Marazziti-Santerini si prevede che per il completamento degli studi vi sia tempo fino ai 21 anni, dato che normalmente chi non arriva in Italia da bambino ha maggiori difficoltà scolastiche e rischia di perdere anni. Per quello che riguarda gli adulti invece la Marazziti-Santerini prevede il passaggio dai dieci anni attualmente richiesti per poter richiedere la cittadinanza a cinque e pone come requisito reddituale lo stesso richiesto per il permesso di soggiorno di lungo periodo CE. Le differenze fra le proposte sono minime: nel testo PD si pone maggiore enfasi sul fatto che i genitori richiedendo la cittadinanza si impegnino ad educare i propri figli secondo la cultura italiana e che la richiesta vada fatta da entrambi i genitori, mentre la proposta di Scelta Civica contiene maggiori dettagli sull’applicazione dello ius culturae. Nessuna di queste proposte è una deregulation in materia di cittadinanza e troverebbero entrambe, se lette, sostenitori inaspettati come Giovanardi, che si è detto favorevole a dare la cittadinanza ai bambini che si iscrivono in prima elementare, o il governatore leghista Zaia: come si potrebbe negare che un bambino nato da genitori stranieri, che ha finito la quinta elementare o le superiori, non abbia i requisiti da lui richiesti come la conoscenza della lingua italiana o del suo territorio? Se si uscisse dagli slogan elettorali, dal momento che nel nostro Paese, secondo le ultime rilevazioni ISTAT, il 72% degli abitanti è favorevole al riconoscimento della cittadinanza ai minori stranieri che nascono in Italia secondo il modello dello ius soli, si potrebbe riuscire davvero a trovare una convergenza su uno ius soli temperato, combinato con ius culturae: un modo per far vedere che la politica sa trovare risposte ai problemi dei cittadini e a quelli di coloro che cittadini vogliono diventarlo.


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