L’elezione bis di Napolitano. Certamente un fatto storico, per più di un motivo.

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Abbiamo raccontato i giorni della fine del Partito Democratico. O forse di un nuovo inizio. Non si sa e lo si riuscirà a capire nei giorni che andranno dal nuovo governo sino al congresso del partito, previsto per ottobre. Certo, le facce dei democratici che abbiamo visto in alcuni momenti sono davvero difficili da dimenticare. Quelle fuori dal Capranica dopo lo stop a Franco Marini. Poi, quelle in Transatlantico dopo il fallimento dell’operazione Prodi. E quelle in uscita, di nuovo dal Capranica, dopo le dimissioni di Pierluigi Bersani. Ma anche quelle del giorno dopo. Quelle in cui il dramma si è consumato e, per trovare un po’ di unità fittizia, si è dovuto chiedere a un uomo di 88 anni di continuare a fare il Presidente della Repubblica. Se non ci fosse stato Giorgio Napolitano il tracollo sarebbe stato immediato.

Tra la prima votazione e la seconda di sabato, poi, le vedevi le facce di chi ormai non si sente più di poter far parte di un partito dove la coabitazione tra anime diverse e diverse individualità è diventata inaccettabile. In una telefonata serale con un’amica consigliera Provinciale del Pd che mi chiedeva alcune sensazioni di questi tre giorni, si faceva il parallelo con una coppia in crisi che per anni ha represso le proprie recriminazioni reciproche e poi, ad un certo punto, esplode. Paragone azzeccato. In questi tre giorni nella battaglia tutta interna del Pd che ha messo Stefano Rodotà contro Marini, Prodi e Napolitano, è uscito tutto questo. Tutti nomi che provengono dalla storia di ieri e di oggi. Di un Pci, Pds, Ds che poi incontra l’anima cattolico democratica per dare vita al Pd.

Le singole tragedie, che negli anni si sono sviluppate, hanno trovato la catarsi in un’unica tragedia collettiva. Renzi che si scontra con Bersani; Bersani che convince Vendola a partecipare alle primarie; Vendola che propone la Boldrini e fa fare un passo indietro a Franceschini; Franceschini che dice a Vendola ho fatto un passo indietro quindi tu devi votare Marini; Renzi che attacca Bersani che non riesce a fare il governo e lo spinge verso le larghe intese; Renzi che impallina la rosa dei nomi dei candidati fatta da Bersani; Rodotà che si candida pensando di poter rappresentare un punto di riferimento anche per il centrosinistra ma che pensa al rapporto che vent’anni prima lo portò fuori da ruoli di dirigenza dell’allora Pds e da quelli istituzionali perchè giudicato troppo indipendente; Bersani che dice no all’istituzione delle Commissioni permanenti chieste dai Cinque Stelle; D’alema che molti vorrebbero sapere che si è detto la settimana scorsa davvero con Matteo Renzi; Fioroni che rumoreggia perchè gli hanno bruciato Franco Marini; Rosy Bindi che dice occhio a candidare Prodi perchè se non passa il Pd è finito;  Prodi che accetta rassicurato ma che poi, dopo, pensa ancora una volta a quel che successe all’epoca del suo sacrificio che portò D’alema a capo del Governo; Matteo Renzi che capisce che se Prodi arriva al Quirinale senza larghe intese, Bersani sale a Palazzo Chigi e ci si ferma per due o tre anni e allora… addio leadership del Partito e candidatura a premier; Bersani che dice ai gruppi convocati uno su quattro ha tradito; Bersani che non ha il coraggio di  dire, almeno alla quinta votazione, proviamo a votare Rodotà;

E a tutte queste parentesi maggiori, metteteci quelle minori: i nuovi eletti, il vincolo di mandato, la falsa democrazia “viziata” del web, la tragedia delle primarie che tra un po’ saranno utilizzate anche per eleggere i candidati alla gestione delle case del popolo. Tutto questo è esploso tutto insieme. E, come altri dicono nel cortile di Montecitorio leccandosi le ferite, proprio quando – prima volta nella storia della Repubblica – al centrosinistra mancavano sulla carta solo 9 voti per eleggere un proprio Presidente della Repubblica.

Il Pd, il più numeroso gruppo misto del Parlamento, ha fatto un autentico capolavoro. E meno male che Giorgio Napolitano, nonostante gli 88 anni, ha accettato di andare avanti almeno per un po’. E chiede riforme. Ma che riforme saranno? La legge elettorale? Una legge sul conflitto di interessi? La riforma giusta della giustizia? Legge Antitrust? Legge sul diritto di cronaca?

Qualche dubbio c’è. Nel frattempo gli ultimi fotogrammi della tre giorni della tragedia sono quelli che fanno più male. Alcuni iscritti che bruciano le tessere del Pd fuori dal Parlamento e il sorriso trionfante di Silvio Berlusconi quando entra nell’emiciclo. E l’amarezza, che immaginiamo ci sia, di un uomo di 88 anni che risponde con quel senso del dovere che a tanti è mancato.


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