La prova del redditometro

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di Nadia Redoglia
Quanti tra voi si stanno (seriamente) interessando al redditometro, cioè quanti, saltando da un sito all’altro che da giorni imperversa con lo spauracchio, li apre tutti per capirci qualcosa? Ciò che è ben chiaro a tutti sta giusto nell’onere della prova che s’è invertito, il che pressappoco significa che il contribuente è sempre colpevole fino a prova contraria. Nello specifico l’istituzione può eccepire a ciascuno di noi: tu contribuente, mi puzzi un po’, dunque dimostrami che ho torto.  Sia chiaro che ci sono moltissimi italiani che a fronte di ‘sta richiesta hanno ben donde a sentirsi con la coscienza sporca, ma ce ne sono infiniti altri cui non glie ne può fregare di meno di sciorinare le loro spese perfettamente giustificabili. Giustificabili, sì, ma certo non con “pezze giustificative” del 2009.

Ce lo vediamo proprio il tipo che ha conservato tutti gli scontrini degli alimentari per dimostrare che in quell’anno ha fatto la fame pur di comprarsi un costoso sfizio ignorando che sarebbe diventato parametro per redditometro (batteria da cucina?!). A fronte di certe ridicole pensate uno può solo vedersi reagire come l’esilarante Verdone nella scena finale dell’episodio dedicato al disperato emigrato che torna in Italia per votare. Il soggetto da che varcò il confine fu costretto a subire in silenzio ogni sorta d’ingiustizia da belpaese, salvo il momento in cui, finalmente ritirata la scheda, lanciò il suo liberatorio: ma vaffanculo, va!”
Dove sta il senso nel far le pulci su “pentole e coperchi” per niente diabolici e, nel contempo, farsi fare le scarpe, cornificare e cucinare da  demoni sconosciuti solo perché ignoti all’anagrafe tributaria?


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