Ecclesiae IMU (imposta motivata usque)?

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di Nadia Redoglia
Ormai è assodato: la breccia (di Porta Pia) più che pigliare, portò. Breccia levata all’agricoltura!  Ché meglio sarebbe stato coltivare i floridi campi dell’Italia fino ad allora conquistati, piuttosto di “conquistare” pure il territorio papale subordinatamente a che ne pagassimo lo scotto nei secoli a venire…
Gli italiani (cfr. tutti quelli non cittadini dello Stato del Vaticano) stanno ancora nell’incognita della mannaia di Imu (ché la spada di Damocle è ormai barzelletta) dopo aver già versato tosto, quanto sibillino, acconto di giugno. In molti non sapendo se riusciranno a corrispondere il saldo, tremano al pensiero dell’ufficiale giudiziario autorizzato a pignorare il loro bene (supremo) per cui non hanno potuto  versare il contributo su quella cosa (casa) oltre che a monte per l’ottenimento della proprietà, hanno già dovuto corrispondere allo Stato  tra il 4 e il 10% del suo valore.

Ma la C©hiesa no! Nottetempo, (r?)aggirando il provvedimento del Consiglio di Stato, i nostri legislatori (italiani) hanno elaborato, ma solo ad usum C©hiesa, un “significante” agganciato a “ciò che non è attività commerciale”. Basterà che gli enti cd. ecclesiastici apportino entro dicembre 2012, una piccola modifica al loro statuto: gli immobili adibiti a “cliniche, alberghi, ostelli, mense ecc.”, da sempre operanti a uso commerciale (alias facendosi ben pagare), c’inseriscano il “trattamento misto”, nel senso che, per esempio, l’Imu non dovrà essere corrisposta se a qualche utente viene fornito il servizio totalmente gratis.

Eh vabbe’, ma allora ditelo! Se basta giusto questo (banale) atto di carità, vi possiamo fornire milioni d’indizi a che pure i proprietari d’immobili laici, si comportano da sempre uguale nei confronti di chi viene a bussare alle loro porte!


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