Presidenziali Somalia. L’incognita del voto, gli interessi internazionali

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Con l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica fissata il 10 settembre dall’appena nominato Parlamento, la Somalia si avvia a completare la road map che concluderà la transizione iniziata nel 2004. La figura del Presidente della Repubblica mostrerà fino a che punto potrà avvenire il cambiamento radicale delle istituzionima formidabili interessi economici anche della comunità internazionale sono in agguato per proseguire i facili dialoghi con chi ha retto sin qui il potere del Paese.  Nulla è scontato e lo dimostra la nomina del Prof. Jawari a speaker del nuovo Parlamento sul quale la comunità internazionale non avrebbe mai scommesso e che, invece, è stato eletto dopo la prima votazione per rinuncia dell’avversario.

Sono venticinque, tra cui anche Maslah Mohamed Siad, uno dei figli dell’ex dittatore Siad Barre, i candidati alla massima carica dello Stato che si sono alternati nei giorni scorsi esponendo i rispettivi programmi ai parlamentari che dovranno votare il presidente. Sebbene molti sappiano di non avere alcuna possibilità e perseguano solo lo scambio dei loro voti con una carica ministeriale dopo la prima votazione, i più accreditati sono tre: l’ex Presidente della transizione Sheikh Sharif Ahmed, l’ex Primo Ministro della transizione Abdiweli Mohamed Ali e l’altro ex Primo Ministro della transizione Mohamed A. Mohamed.

Proprio l’inaspettata elezione del Prof. Jawari alla carica di speaker del nuovo Parlamento ha tagliato fuori dai giochi per la presidenza della Repubblica l’altro Sceicco della transizione Hassan, in quanto appartenente allo stesso clan di Jawari. E’ infatti escluso che uno stesso clan possa avere due delle tre massime cariche dello Stato.

Tuttavia il sito internet Kismayo24, ha diffuso in questi giorni il testo dell’accordo tra Hassan e Ahmed stipulato a Dubai assieme a politici e affaristi stando al quale, in cambio della presidenza ad Ahmed, assicurerebbe ad Hassan la carica di vicepremier e di ministro dell’economia oltre alla scelta del primo ministro. L’intero potere verrebbe così lottizzato tra i due con i finanziamenti stranieri ad Hassan di tre milioni di dollari subito, per dirottare su Ahmed i 70 voti di cui dispone in Parlamento, e altri tre dopo l’elezione di Ahmed alla presidenza.

Nessuno dei due Sceicchi, Ahmed e Hassan, però, è gradito alla popolazione che ha già subito la loro lunga, inutile e dannosa permanenza al potere e soprattutto, come ha confermato il rapporto del Gruppo di Monitoraggio per Somalia ed Eritrea coordinato dal Matt Bryden, l’uso dei fondi pubblici trattandoli come privati per 7 dollari su 10.

Una simile gestione si è resa necessaria proprio per l’esigenza di accumulare ricchezze per questo momento di transizione verso istituzioni meglio raccordate coi somali, ma ha procurato sette mesi di arretrati nel pagamento dei pubblici dipendenti, inclusi militari e poliziotti senza i quali la sicurezza è una chimera.

A questa dissennata gestione non viene ritenuto estraneo neppure Abdiweli al quale si rimprovera che, nell’anno di Presidenza del Consiglio dei Ministri transitorio sin qui vissuto “non ha alzato uno straccio da terra” limitandosi a viaggiare ovunque senza combinare nulla in patria.

Ingerenza keniota e concessioni petrolifere
Del terzetto della transizione che sta per andare in archivio, Abdiweli è il volto più presentabile: è stato docente di economia nelle università americane e interlocutore rassicurante della comunità internazionale che da lui ha attinto non pochi benefici. In particolare il Kenya.

Mostrando di voler salvaguardare la vita dei propri turisti dalle incursioni degli Al Shabab, il Kenya lo scorso ottobre, con la benedizione dei due Sceicchi e di Abdiweli, ha sconfinato e occupato il meridione della Somalia inoltre, secondo le accuse di The East African Energy Forum, ha venduto blocchi di prospezioni nelle acque somale e precisamente: L21, L23, L24 all’italiana Eni, L22 alla francese Total, L5 alla statunitense Anadarko Petroleum Corporation e L26 alla norvegese Statoil, concessioni che  sarebbero a rischio se la Somalia modificasse le disponibilità sin qui manifestate e rivendicasse la propria sovranità territoriale.

Del resto già sotto la presidenza del consiglio di Sharmarke, il Kenya aveva provato a comprimere le acque territoriali somale a proprio favore, ma solo con l’ultimo terzetto della transizione è riuscito a gestire le concessioni off shore su 116.000 chilometri quadrati di acque somale.

Un fiume di denaro scorre in questi giorni per le strade di Mogadiscio affinché nulla cambi. Tutto è in vendita compresa la presidenza della Repubblica. La firma di un parlamentare per il sostegno alla candidatura alla presidenza è costata fino a seimila dollari. E tuttavia Mohamed A. Mohamed resta il più amato dal popolo. Da Dadaab a Mogadiscio la Somalia è tappezzata dei suoi manifesti e si moltiplicano le manifestazioni spontanee a suo favore. Non sarà facile per Mohamed coagulare a suo vantaggio i voti attualmente dispersi su una ventina di candidati, ma non è impossibile. I somali vedono in lui l’uomo della speranza. Ma c’è sempre il vecchio che pretende di avanzare.

*Questo articolo è stato in parte pubblicato sull’Unità di oggi 10 settembre

l’autrice è fondatrice e portavoce dell’associazione Migrare


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