Biografia-filmografia e note di regia

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Il regista

Filippo Vendemmiati, nato a Ferrara il 9 febbraio 1958, è giornalista, inviato  e autore di lungometraggi. Sposato con due figli vive a Bologna. Lavora presso la sede Rai dell’Emilia Romagna dal 1987: nella sua carriera, si è occupato di fatti di cronaca di rilievo nazionale, come il disastro dell’aereo militare in fiamme caduto il 6 dicembre del ’90 sull’istituto “G. Salvemini” di Casalecchio di Reno, e costato la vita a dodici ragazzi, e l’assassinio del Prof. Marco Biagi, ad opera di un commando delle Nuove Brigate Rosse  il 19 marzo del 2002.
In veste di autore ha firmato “La Grande Sorella”, reportage sul dramma della lebbra in India realizzato con i colleghi Marino Cancellari e Donata Zanotti,  vincitore del “Premio Enzo Baldoni” nel 2006. Tra le sue passioni, la fede calcistica per squadra del cuore, la Spal, che segue con dedizione fin da bambino.
Le vicende legate alla tragica morte di Federico Aldrovandi, lo studente ferrarese deceduto durante un controllo di polizia la notte del 25 settembre del 2005, lo hanno convinto “che era arrivato il momento di fermarsi, di riavvolgere i nastri e rileggere gli appunti, perché l’unica vera notizia che vale la pena raccontare è la storia e non il fatto e per una volta le notizie possono aspettare”. Il documentario “È stato morto un ragazzo-Federico Aldrovandi che una notte incontrò la polizia” (edizione Promomusic/CorvinoMeda editore) è stato presentato in anteprima nazionale a Venezia, nelle Giornate degli Autori Venice Days settembre 2010. E’ stato proiettato, pur senza un distributore ufficiale, in numerosi cinema e sale pubbliche italiane. E’ stato trasmesso dalla Rai, Rete Tre, maggio 2011, ottenendo il record di ascolti nella fascia oraria di trasmissione 23.30 -1.00 con un ascolto medio 860 mila spettatori e uno share del 15 per cento.
E’ stato morto un ragazzo  ha ottenuto il David di Donatello come miglior documentario italiano 2010-2011 e ha vinto il Bari Bifest premio Vittorio De Seta come miglior regista documentario 2010.
Il suo ultimo lavoro qui presentato in selezione “Non mi avete convinto” è dedicato alla figura politica e umana di Pietro Ingrao, ex presidente della camera, leader dell’ex partito comunista, forse il “politico più amato e meno potente” dal dopoguerra ad oggi.
“Se con “E’ stato morto un ragazzo”  in fondo ho fatto i conti con un mestiere che mi piace sempre meno, il giornalismo,  con “Non mi avete convinto” faccio i conti con una mia vecchia e mai spenta passione, la politica, purtroppo oggi così infangata e distante”. filippo vendemmiati
Filmografia:
Fai uno scatto (2005)
La Grande Sorella   (2005)
Il trenino di Roth (2007)
E’ Stato morto un ragazzo (2010)
Non mi avete convinto (2012)

Note di regia
‘Dobbiamo costruire la lingua dell’alternativa. Una nuova lingua nn
puo’ essere tutta in bella copia e solo I pedanti fanno notare le
sgrammaticature’. Questa frase pronunciata da Pietro Ingrao, non
ricordavo affatto in quale occasione, mi e’ rimasta impressa per una
mezza vita, dall’adolescenza fino alla maturita’ piuttosto avanzata.
Ho ritrovato l’audio originale di questa frase in un archivio storico.
C’era una decina di nastri audio abbandonata in cattivo stato a terra,
nell’angolo di un ufficio. Tanti contenitori di latta, anonimi, uniti
solo da una dicitura comune: ‘Milano, congresso Pci 1983’. Nessuno
dei nastri era stato catalogato, tranne uno: portava solo una scritta,
Ingrao. Era il suo intervento, con la frase che ricordavo cosi’ bene,
ascoltata in diretta radio tanti anni prima. Il segnale che attendevo era
arrivato. Rappresentava il ciack: motore al film su Ingrao. Forse, per me
sicuramente, il piu’ amato dei politici del dopoguerra ma anche il meno
potente. Per la mia generazione Ingrao ha rappresentato l’idea della
politica, intesa come passione e non come mestiere, la spinta utopistica alla
ricerca costante di un mondo migliore. Oggi, a 97 anni, Igrao anzi Pietro,
rappresenta ancora tutto questo. L’intervista che fa da narrazione al
film e’ stata realizzata in piu’occasioni e per tutte posso dire che
in realta’ mai si e’ trattato di un’intervista. Il rapporto con
Pietro e’ sempre unico. Dopo alcune domande e docili risposte iniziali,
passa al contrattacco: e’ lui che vuole sapere da te, ti incalza, chiede
se hai capito, domanda ragione dei tuoi silenzi, ti invita ad andare avanti,
a non fermarti e a non andare via. Il tutto ruota sempre attorno alla sua
domanda: ma questo mondo…ti piace o non ti piace? Ti conquista.
Percio’sono tornato da Pietro in questi mesi anche solo per un saluto,
per guardare in tv una partita della nazionale o per fargli ascoltare dal
vivo – musicisti e strumenti a domicilio – le canzoni composte per il film
dai Tete de bois. (Bravi bravi ma quando tornate?) Pietro era il piu’
capace nei comizi. Davanti a un microfono, come un attore consumato, usa
ancora perfettamente l’arte delle pause, degli sguardi, I’oratoria
come comunicazione di stato d’animo e sentimenti. Grazie a lui,
e’nato un rapporto, prima che un film: non poteva essere diversamente ma
era impossibile immaginarlo. Io che ho sempre avuto paura per non dire
fastidio di fronte alla vecchiaia, mi sono trovato a comunicare con un uomo
quasi centenario che ha riacceso I sogni e le illusioni troppo in fretta
dimentcati della mia gioventu’. In questo piu’ giovane di me, Il
vecchio Pietro, pur tra sconfitte, dolori, errori, che la politica mi ha
lasciato. Di tutto questo ringrazio la figlia Chiara, la ringrazio prima di
tutto di essersi fidata perche’ forti erano I rischi di dipingere il
santino dell’ultimo dei comunisti italiani. Chiara mi ha indicato una
strada, mi ha suggerito Giulia, sorella di Pietro, interprete nel film di un
controcanto intimo e umano, capace di ricondurre la passione del fratello
nell’ansa di una familiare condivisione. Ho scritto un racconto –
incompleto e di parte -, nessuna pretesa storica o biografica: mi premeva di
piu’ quel vivere la politica, quel non poterne far a meno. Perche’
come dice Ingrao ‘cio’ che mi ha spinto non e’ stato soltanto
I’ll dolore fisico di vedere la sofferenza altrui, ma un bisogno mio di
raggiungere Il sogno.’ Ci siamo incontrati lungo questa strada, vedendo
il film mi piacerebbe che anche altri si unissero al viaggio. Se con
‘e’ stato morto un ragazzo’, il film su Federico Aldrovandi, ho
fatto I conti col mio mestiere di giornalista – Federico in qualche modo
ucciso anche dalla superficialita’ e il disinteresse dei mezzi di
informazione -, con ‘Non mi avete convinto’ mi sono misurato con
utopie superate dai tempi e ora rigenerate da chi – pur vicino ai
cent’anni – non ha mai smesso di crederci.


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