Di qualsiasi sapore fossero

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di Ettore Zanca

Li collezioniamo, raramente riusciamo ad averli tutti per intero. Gli cambiamo direzione, li differiamo, li ricicliamo.

A volte hanno una linea retta. Come quelli di Paolo.

“Farò il giudice”, diceva. Quello ha fatto. A volte devono essere sgrezzati e corretti. “Più del diritto civile mi piace il penale, me ne vorrei occupare”, pensava Giovanni.
Li adattiamo alle persone che incontriamo, amiamo, odiamo, raramente il principe azzurro e la donna dei sogni hanno le misure giuste per indossarli.
Li coltiviamo, mettiamo in scatoloni in solaio, pronti a riabbrancarli per un pelo quando sentiamo che ci stanno sfuggendo.
Sono quella traccia discontinua bianca di vernice, tracciano la mezzeria della nostra vita, che cerchiamo sempre di vivere lungamente e il più possibile nella corsia di sorpasso.
Non ci rinunciamo, per loro stessa natura galleggiano a pelo d’acqua come ninfee nella nostra anima.
Nessuno dovrebbe tranciarli. È contronatura in mesi freddi, gelati che danno chiusura e irrigidimento di temperatura e di cuore. Figuriamoci a maggio.
Un mese che prima di essere atroce perchè ha ucciso i sogni aggiustati di Giovanni, lo era per Fabrizio De Andrè. Nella sua Guerra, che tanto somiglia a questa
Crepare di maggio, ci vuole tanto, troppo coraggio.
Giovanni non ne sarà contento, Paolo sarà incazzato come una belva.
Li vedo che stanno andando a prenderla per proteggerla come questo cazzo di mondo reale non ha saputo fare.
Francesca sarà per lei una madre premurosa e attenta, come quella sulla terra, cui l’hanno strappata.
Ma tanti, in questi giorni in cui le ferite aperte si sovrappongono da far male, a cicatrici non ancora chiuse, pensiamo la stessa cosa.
A qualsiasi punto fossero i sogni di Melissa, nessuno aveva il diritto di ucciderli. Non adesso, non dopo. Mai.
Perchè i sogni, specie quelli di chi si affaccia alla vita, hanno un sapore dolce. Quello del sempre.

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