Referendum costituzionale: una battaglia strabica

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I confronti sul referendum che avvengono sui media, specie TV, stanno assumendo un carattere di zuffa  impostato su valori che allontanano dal merito della  riforma, ragion per cui per questi due mesi  non assisterò ad alcun confronto, non immaginando quali benefici potrei trarne. Conosco la Costituzione, ho seguito le fasi della riforma, ho espresso  il mio parere anche su questa pagina, per cui mi sono fatto un giudizio sulla scelta fatta ed ora, in nella  fase successiva ( referendum ), a prescindere dagli orientamenti espressi, devo semplicemente valutare in quale situazione istituzionale il Paese si troverà se prevarranno i si o se vinceranno i no. Il suo esito inciderà, in ogni caso, nelle prospettive della nostra Costituzione.

Ho fatto questa analisi  non seguendo certamente i catastrofisti del SI e del NO per i quali l’altra scelta   è nefasta per le sorti del Paese, ma valutando in concreto i contenuti della riforma e le conseguenze rispetto all’esito del referendum. Non ascolto certo Renzi, che non stimo, nel qual caso dovrei  votare NO, né D’Alema, che non ho mai sopportato, per cui dovrei  vota SI, e nemmeno colui che dovrebbe essere la mia luce ( sottolineo dovrebbe ), Pier Luigi  Bersani, il quale se la cava con battute ondivaghe che non mi inducono ad una scelta. Ultima quella che sottolinea come Renzi non dovrebbe lasciare se perde. Non capisco cosa voglie dire, ma certamente è frutto di una strategia di piccolo cabotaggio.

Valutando questa riforma rispetto alle aspettative e  immaginando il peso delle ripercussioni  che produrrà,   se accolta o respinta, ho deciso che voterò SI.

Da qui al 4 dicembre, a puntate su questa pagina, cercherò di esporre le mie osservazioni sulle ripercussioni che seguiranno  a seconda del risultato, cercando di semplificare al massimo, selezionando i  temi specifici della riforma dibattuti in Parlamento. ( Nota a margine )

Non posso chiudere senza rilevare l’appello che un anno fa ho postato su questa pagina  in ordine ai pericoli del referendum.

  1. Il pericolo di cui nessuno parla è dato dalla pervicacia di Renzi nell’ottenere l’approvazione della legge a tutti i costi: cioè anche con maggioranza risicata, lasciando in sospeso la conseguenza a livello di referendum. Si lascia credere che approvata dal Parlamento la riforma sia conclusa, ciò che non vero e, nella situazione  del momento, con molti dubbi. Il principio della cultura democratica che vuole le regole approvate con ampie maggioranze, contiene anche  un risvolto pratico: maggiori certezze nei casi in cui  le stesse vengono verificate attraverso il referendum. Se consideriamo che in occasioni dei referendum i  cittadini, specie in quelli con contenuti tecnico-giuridici difficilmente decifrabili, si esprimono più come adesione alle tesi sostenute dal partito di riferimento,  piuttosto che come  convinzione personale, capiamo come  l’occasione ghiotta da parte degli oppositori della riforma si organizzeranno per ottenere una rivincita. Se pensiamo che il PD ora viaggia intorno al 30% nei sondaggi e aggiungiamo alcuni gruppuscoli del centro, capiamo il rischio che si corre.

Concludendo, ritengo che un comportamento che possa portare ad un tale  esito debba considerarsi non responsabile, per le conseguenze di tipo istituzionale che comporterebbe anche  nell’immagine del nostro Paese all’estero vista l’enfasi che è stata attribuita al tema riforme anche a livello europeo”.

La situazione si è poi aggravata per l’intestazione della riforme di Renzi  a stesso: un obbrobrio porre sullo stesso piano il governo, istituzione pro-tempore propria di  potere esecutivo, con la Costituzione destinata a regolamentare le funzione dell’ordinamento statale nel tempo. Ciò ha incentivato ancor più la personalizzazione della campagna elettorale distraendola dai contenuti, tenuto conto che è abitudine di Renzi delegittimare l’oppositore piuttosto che controbatterlo nei contenuti. Una per tutti: IL GUFO.

Man mano che passano i giorni, sempre più la campagna referendaria si sviluppa su Renzi SI – Renzi NO. Un assurdo subordinare un giudizio d’ordine  costituzionale alla figura  di un Governo o del suo capo, in quel momento di passaggio.

NOTA

Una valutazione la debbo fare subito in quanto tocca un aspetto procedurale che incide nel merito in maniera drastica. Oggi Bersani e anche Scalfari dichiarano che voteranno contro se non si modifica la legge elettorale vigente, detta Italicum. La ragione sta nel considerare autoritario il risultato che ne deriverebbe applicando insieme legge elettorale e riforma costituzionale. Questa analisi largamente diffusa è anche la mia. Se seguiamo i pareri autorevoli, anche di costituzionalisti su questo argomento, tutti, più o meno scopertamente, dichiarano che il problema  sta nel combinato disposto. In altre parole, non è la riforma, pur criticabile, che stravolge la costituzione di per se, ma ne assume gli  aspetti per effetto della legge elettorale.

L’incongruenza degli oppositori che così giustificano, consiste nel mettere sullo stesso piano una legge costituzionale ( la riforma ) con una legge ordinaria, come se la legge elettorale fosse contenuta nella riforma costituzionale.

La strategia: poiché il  fattaccio deriva dall’incontro delle due leggi: votiamo contro la riforma costituzionale, che quindi deve inchinarsi verso una legge ordinaria. Una vera ripicca senza senso. Agiamo come se la riforma della legge elettorale scomparisse dall’esigenza di modificarla! Un’assurdità ! Così  avremo un doppio segno negativo: non riformiamo la costituzione e la legge elettorale avrà i suoi effetti negativi anche con la costituzione vigente. Appare evidente che la legge elettorale verrà modificata dopo il referendum, in ogni caso ! Non occorre la palla di vetro per scoprirlo. A parte che ciò potrà avvenire per decisione della Consulta, poiché la stessa era tarata  da  Renzi pro domo sua, la situazione nei sondaggi fa pensare che potrebbe essere destinata a pro domo d’altri.  “ Errare è umano, perseverare è diabolico”. Infatti anche il M5S ha cambiato pensiero e propone di modificarla, forse per la presa   d’atto del divario tra protestare e  governare. Dobbiamo aspettare questo per modificare la Costituzione ?

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