L’Unità è stata ed è una grande palestra di democrazia mediatica

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Chiude “L’Unità”, viene meno una voce storica contro la mafia. Per questo vogliamo sperare che ciò non sia per sempre. Non solo per la sinistra, ma per l’intera società moderna, ciò  costituirebbe la grave privazione di uno strumento di informazione e di analisi, da sinistra. Quale eco avrebbe avuto senza L’Unità nel secondo dopoguerra il movimento dei contadini meridionali per la terra con tutto il suo strascico di uccisi, dalla mafia o dalla polizia?

Tramite quale organo di stampa nazionale Girolamo Li Causi avrebbe potuto spiegare il ruolo della mafia nella strage di Portella della Ginestra, del 1947, frutto del disegno antidemocratico di una parte della classe dirigente di allora che volle impedire alla sinistra di andare al Governo della Regione e che fosse cacciata da quello nazionale?

Quale risonanza avrebbe avuto nel 1976, la relazione di minoranza della Commissione Antimafia redatta da Pio La Torre e Cesare Terranova, se L’Unità non avesse accompagnato la lunga battaglia dei comunisti siciliani contro il sistema di potere politico mafioso dalla Dc di Ciancimino? Per i caduti per mafia, per le vittime del lavoro, per i 47 capilega comunisti, socialisti, democristiani uccisi nel dopoguerra, per l’uccisione del bandito Salvatore Giuliano come per le faide interne alla mafia e alla politica, L’Unità è stata spesso l’unica fonte di informazione obiettiva. Come d’altra parte lo è stata sempre nel corso della sua storia a proposito della vita nei campi e nelle fabbriche, delle stragi terroristiche nere, rosse, mafiose.

Per molti anni le istruttorie sui delitti di mafia, come poi sulle stragi, furono quasi sempre depistate, insabbiate per responsabilità politica ma anche ad opera di inquirenti compiacenti. Il giornale non ha mancato mai di denunciare le deviazioni e le distorsioni. L’Unità non fu, però, un giornale “antimafia” (nel senso specialistico di oggi). Essa è stato ed è il megafono del mondo del lavoro così come del Mezzogiorno, attraverso cui metteva a nudo tutte le ingiustizie sociali, compresa la mafia. Forte dell’invettiva gramsciana contro l’indifferenza, il giornale dell’unità, del mondo del lavoro del Nord e Sud, degli operai, contadini, intellettuali e ceti produttivi, ha fatto la sua stella polare.

Anche per questo è stato il giornale sul quale hanno scritto i dirigenti siciliani del PCI da Li Causi a Macaluso, La Torre, Occhetto e Parisi. È il giornale che ha accompagnato le lotte per il lavoro, la terra, la democrazia, la pace. Basta scorrere le sue pagine degli anni ottanta, ma anche quelle recenti per leggervi delle epiche lotte per la pace contro i missili a Comiso e per intitolare l’aeroporto civile di Comiso a Pio che quelle lotte seppe guidare e che probabilmente contribuirono a farlo uccidere  tramite la mafia.

È il giornale che mise in evidenza ai funerali di Pio La Torre, la natura politico-mafiosa di quel delitto e la specificità tutta politica di quella guerra di mafia durante la quale erano stati uccisi, tra gli altri, Cesare Terranova, Pier Santi Mattarella, presidente della Regione, e poi Carlo Alberto Dalla Chiesa e Rocco Chinnici.

L’Unità è stata ed è una grande palestra di democrazia mediatica della quale farebbe molto male la nuova sinistra a privarsi per “considerazioni di mercato”. C’è un altro mercato, quello delle idee e dei valori, antichi e nuovi della sinistra, dall’uguaglianza alla giustizia sociale, il cui prezzo non è valutabile se non quando vengono a mancare, privando la democrazia del suo pilastro: la libertà di informazione.


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