Donne contro la violenza di genere. Occupazione simbolica della redazione del Fatto

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Riceviamo e di seguito pubblichiamo il comunicato diramato in data odierna da un gruppo di “Donne contro la violenza di genere”.
Oggi in previsione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, 25 novembre, un gruppo di donne occupa  simbolicamente la redazione del FATTO QUOTIDIANO.
Questo giornale, come molti altri, è responsabile di una comunicazione e informazione errata che contribuisce a costruire una cultura mistificante della violenza sulle donne.
117 è il numero delle donne uccise dall’inizio dell’anno per mano di uomini.

L’uccisione delle donne, ci dicono le statistiche, solamente l’ultimo atto di una tragedia che dura anni ed è fatta di violenza fisica, psicologica ed economica all’interno delle mura di casa.
Il 93% delle violenze perpetrate da ex non viene denunciato. Solo il 6,2% delle violenze è opera di sconosciuti, mentre il resto dei maltrattanti sono partner o ex partner. Sono 6,743 milioni le donne tra i 16 e i 70 anni che, almeno una volta nella vita, sono state vittime di violenza, pari al 31,9% della popolazione femminile (Rapporto Istat, 2007). La casa dunque non è quel luogo sicuro in relegare le donne.

Il termine Femminicidio lo abbiamo ereditato dal Sud America dove è stato scelto per definire la strage delle donne di Ciudad Juarez (Messico), in atto dai primi anni ’90. Con questo termine si volevano indicare gli omicidi di donne “in quanto donne”, ovvero gli omicidi basati sul genere, ovvero la maggior parte degli omicidi di donne e bambine.

Questo termine, che nell’ultimo periodo ha fatto la sua comparsa sui media main stream e nella rete, dunque non può essere utilizzato a sproposito: non tutte le donne che perdono la vita sono vittime di femminicidio.
Il femminicidio è solamente l’ultimo atto di un percorso di violenza perpetrata dagli uomini sulle donne per esercitare una forma di dominio in casa, sul luogo di lavoro, nella società tutta. E’ un’offensiva agita capillarmente e si consuma sui nostri corpi. Secondo i dati diffusi dell’OMS il femminicidio è la prima causa di morte nel Mondo delle donne tra i 16 e i 44 anni.

Le giornaliste e i giornalisti, continuando a scrivere che il femminicidio avviene in preda di raptus, attacchi di follia, di rabbia o gelosia piuttosto che passione, contribuiscono a giustificare la violenza sulle donne.

Accostare al femminicidio qualunque tipo di sentimento che non sia l’odio verso le donne, di fatto contribuisce a creare una cultura della tolleranza, dell’accettazione e della giustificazione della violenza sulle donne. E’ inoltre necessario evitare di infarcire il racconto con morbose descrizioni degli atti violenti vittimizzando la donna.
I media si devono assumere le responsabilità politiche sulla narrazione della violenza.

E’ fondamentale inoltre imparare a narrare atti violenti che riguardano persone trans. E’ fondamentale in proposito utilizzare il genere da loro scelto come proprio e non quello di nascita. Sbagliare il genere è annientarla o annientarlo nuovamente come persona.
E’ necessario infine informare sui luoghi che possono aiutare le donne a uscire dalla violenza.

I centri antiviolenza, luoghi dove le donne possono trovare assistenza fisica, psicologica, legale e sanitaria oltre che – a volte – un posto letto, sono già fortemente attaccati dai tagli che colpiscono il welfare.
Non oscurateli occultando la loro esistenza: comunicando alle donne che esistono luoghi sicuri a cui rivolgersi potreste contribuire a salvare le loro vite.

Donne contro la violenza di genere. 25 novembre 2012.


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