Opinioni
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Kirghizistan, resa dei conti contro l’informazione indipendente
Mahsa Amini e noi: una battaglia con e per le donne
Mahsa Amini, con il suo sacrificio estremo, con la sua bellezza sfregiata, con la sua meraviglia interiore e con i suoi sogni calpestati, ha risvegliato in noi un senso di lotta. Dopo tanti anni, abbiamo visto nuovamente le piazze riempirsi in nome di ideali nobili, combattere contro una forma di oppressione che non ci riguarda direttamente ma ci interessa eccome. Per la prima volta, ed è questa la novità più rilevante, ci siamo resi conto che anche la nostra libertà è in pericolo. Noi occidentali che ci siamo crogiolati nell’idea folle della “fine della storia”, noi che ci siamo illusi di aver vinto la Guerra fredda e abbiamo imposto con protervia un modello di sviluppo sbagliato al resto del mondo, noi ex dominatori, forti delle nostre certezze di cartapesta, improvvisamente ci siamo riscoperti fragili. Se la vicenda di Mahsa ha avuto un merito, fra i tanti, è stato, dunque, quello di averci fatto sentire nuovamente una comunità solidale in cammino, di aver riportato in auge l’internazionalismo che un tempo caratterizzava il pensiero progressista, di aver indotto le nostre ragazze a provare empatia nei confronti delle coetanee di un Paese neanche troppo lontano, di averci ricordato la fortuna che abbiamo di vivere in un contesto sì pieno di difetti ma comunque ancora democratico e di aver infranto la coltre di silenzio che sembrava essere calata su ciò che avveniva fuori dal nostro cortile di casa.
Chiodo
Lampedusa dieci anni dopo
Una sinistra degna di questo nome, in una fase storica tanto delicata, non può tirarsi indietro. Al cospetto di un’emergenza umanitaria di queste dimensioni, che temiamo venga fronteggiata dal governo nel modo che gli è più congeniale, abbiamo il dovere di fare dell’umanità la nostra bandiera, dell’accoglienza la nostra ragione di esistere, dell’integrazione il nostro progetto politico e del rifiuto di ogni barbarie il nostro spirito guida. Sarebbe, altrimenti, quanto mai ipocrita andare a rendere omaggio alle vittime di dieci anni fa: lacrime di coccodrillo che abbiamo già visto in passato e che riteniamo sinceramente offensive.
La Schlein continui così
Giuliano Montaldo, una vita dalla parte della Costituzione
Tanti Granchi Blu contro Meloni
«Barbenheimer», quando il cinema mette il dito nella piaga
L’Italia grazie a Vannacci e Meloni nel mirino dell’Economist come ai tempi di Berlusconi
PACE, IMPAGLIAZZO (SANT’EGIDIO): AMICIZIA, PAROLA DI DIO, POVERI PER PERCORRERE UNA VIA DI LIBERAZIONE DA GUERRE E INGIUSTIZIE
“Siamo a Padova e Venezia, due città ricche di storia e bellezza, modellate da secoli di cultura e fede, che hanno fatto dell’apertura all’altro la loro forza”. Così Marco Impagliazzo ha aperto l’assemblea plenaria alla Fiera di Padova intitolata “Tutto può cambiare”. Il presidente della Comunità di Sant’Egidio ha invitato i 1000 giovani europei a “uscire da sé stessi e dai labirinti in cui a volte ci si chiude, percorrendo la strada della pace, che ha negli amici, nelle parole e nei poveri dei punti di riferimento chiari”.
Vannacci fa spuntare le anime nere anti Meloni
Come uomini dobbiamo sentirci responsabili di tutto quest’orrore
Il racconto del volontario triestino che dall’11 al 16 agosto è stato in Ucraina assieme ad altri volontari a portare degli aiuti.
Andrej è uno dei 450 volontari che a Charchiv collabora con «Peaceful Heaven of Kharkiv». Un’associazione umanitaria locale la cui missione è aiutare le persone colpite dall’aggressione russa, fornire loro il minimo necessario per la sopravvivenza: uno spazio sicuro, vestiti e cibo caldo. Il grosso lavoro ora è a nord di Charchiv, nelle aree liberate dall’occupazione ma martoriate da pesanti bombardamenti. Ci sono molti anziani che vivono in quei villaggi e che non vogliono abbandonare la loro casa anche se non hanno più forniture di acqua (contaminata) e energia elettrica.
