“Io so, ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi”: era questo il grido disperato che il poeta bolognese, originario del Friuli, affidò al Corriere della Sera il 14 novembre 1974, denunciando la presenza in Italia di un golpe strisciante e pervasivo, in grado di destabilizzare lo scenario politico per tagliare le cosiddette “ali estreme” e favorire il consolidamento del potere democristiano e, soprattutto, l’aggancio del nostro Paese all’area “atlantica”.
“Io so”, dunque, chi ha messo le bombe in piazza Fontana, in piazza della Loggia e sul treno Italicus, chi ha fatto uccidere Mattei per la sua pretesa di rendersi autonomo rispetto alle “sette sorelle”, chi ha pianificato l’esclusione del Partito comunista dall’orbita del governo, chi sta tentando di spostare a destra l’assetto politico, chi rema contro il compromesso storico e chi ha progettato colpi di Stato come il Piano Solo o il golpe Borghese, fortunatamente falliti.
“Non ho le prove, non ho nemmeno indizi” ma il mio compito di intellettuale è parlare, anzi urlare, risvegliare le coscienze e fare di tutto affinché l’opinione pubblica prenda coscienza di vivere in un simulacro di democrazia, nel quale le libertà sono consentite fino a un certo punto e la sovranità popolare è, in realtà, ridotta ai minimi termini. Questo scriveva, di fatto, Pasolini nei mesi che precedettero la sua morte: analizzando i tentativi di golpe messi in atto da più parti e scagliandosi contro la deriva del consumismo sfrenato che, di lì a poco, sarebbe sfociata nel neo-liberismo del duo Reagan-Thatcher, nella stagione del riflusso e dell’edonismo e nella spoliticizzazione complessiva della società, fino a trasformare la collettività in un insieme di monadi in guerra tra loro, tutto a vantaggio di interessi oligarchici e poteri che agiscono nell’ombra, prescindendo completamente dalla volontà delle persone e dall’esito delle elezioni.
Cosa scriverebbe, quindi, oggi PPP se vedesse quest’Italia in cui è stata da poco approvata una controriforma che, anziché rendere la giustizia più efficiente e inverare l’articolo 3 della Costituzione, sostanzialmente sancisce una giustizia a due velocità – una per i poveri e gli ultimi e l’altra per i ricchi e i potenti – con l’auspicio che il referendum di primavera cancelli quest’obbrobrio e salvaguardi quel minimo di democrazia che ci è rimasto? Non lo sappiamo, ma proviamo a ipotizzarlo.
“Io so. E adesso ho anche le prove, oltre che gli indizi. So chi, nel corso dei decenni, ha smantellato le istituzioni democratiche trasformandole in gusci vuoti nei quali degli spettri, non più eletti ma nominati dalle segreterie dei partiti, eseguono ordini che giungono dall’alto, dove per alto si intendono poteri che non sempre agiscono all’interno dei confini nazionali. So chi ha fatto sì che il Piano di Rinascita democratica del ‘Venerabile’ Licio Gelli venisse attuato quasi integralmente, dapprima attaccando e infiltrando il mondo dell’informazione, poi smantellando le garanzie offerte da una magistratura indipendente, poi indebolendo e minando la credibilità e l’autorevolezza della politica e infine portando l’attacco decisivo al cuore delle istituzioni, fino all’esito inevitabile del sovvertimento della Costituzione nata dalla Resistenza al nazi-fascismo.
Io so che cos’è questo golpe, che non ha più neanche bisogno di mettere bombe sui treni o nelle stazioni, in quanto ormai l’opinione pubblica è stata mitridatizzata dalla televisione e convinta a credere che sia vero ciò che è falso e falso ciò che è vero. So per quale motivo sono stati mandati al potere e protetti in ogni modo personaggi che mai vi sarebbero dovuti arrivare, in alcuni casi addirittura coinvolti in vicende giudiziarie di una gravità inaudita. So perché siano state massacrate la scuola e l’università, perché siano stati tagliati i fondi al cinema, perché la sanità pubblica sia stata messa in ginocchio in favore di quella privata e, in conclusione, per quale motivo il cittadino abbia smesso di essere tale per far posto al consumatore.
Io so, insomma, cosa sia questa globalizzazione senza limiti che non serve a favorire gli scambi culturali ma unicamente ad arricchire coloro che determinano le sorti del pianeta senza mai sporcarsi le mani né avvertire il bisogno di confrontarsi con il popolo. So che votare serve a poco o a nulla, per questo non mi scaglio più contro chi si astiene, anzi lo capisco, per quanto la cosa mi dispiaccia. E so infine che la riscossa, se mai arriverà, non potrà che scaturire da una presa di coscienza di singoli che tornino a sentirsi comunità. Con meno di questo, io so che l’Italia, l’Europa e l’intero Occidente, in preda alla più grave crisi democratica degli ultimi ottant’anni, non avranno un domani”.
Probabilmente, ipotizzo che, se fosse ancora fra noi, PPP avrebbe scritto, assai meglio di così, qualcosa di simile. E capisco le ragioni per cui la sua vita sia stata soppressa, umiliata e addirittura calpestata in una tragica notte di mezzo secolo fa, lasciandolo come un cencio in terra in una località degradata. Quel corpo martoriato era l’Italia, che nell’epilogo del suo eroe tragico ha avuto anche l’incarnazione del proprio declino.
