Articolo21 a colloquio con padre Antonio Spadaro per capire il passaggio da papa Francesco a papa Leone XIV. Abbiamo incontrato padre Spadaro più volte, soprattutto per la Carta di Assisi, “parole non pietre”, presentata con lui e con esponenti delle altre religioni nel 2020 a Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti che padre Spadaro ha diretto per dodici anni, come il suo illustre predecessore padre Barolomeo Sorge. Tutti sanno che è stato accanto a papa Francesco dall’inizio del suo pontificato fino alla fine, si può dire che ne sia stato, tra i principali e più acuti interpreti nel mondo del giornalismo e della cutura. Così si è ritenuto importante ascoltarlo sul suo libro “Da Francesco a Leone” per capire quale sia la sostanza dell’eredità di Francesco e le connessioni, le linee di collegamento con ciò che si è capito del nuovo pontefice, Leone.
Nella polarizzazione imperante molti hanno voluto capire questo passaggio come una rottura, uno strappo. Il volume offre una lettura molto diversa, ma non astrattamente, bensì leggendo e spiegando i primi atti di Leone; questo ci aiuta ad entrare nell’oggi, nelle sue pieghe. Il tutto viene fatto con un libro agile, non un tomo di centinaia di pagine, come avrebbe potuto essere visti i temi affrontati, ma un vero pamphlet, nel quale il lettore si trova tra le mani una sintesi piana, fulminante direi, del passato e del presente, legandoli e spiegandone legami e differenze. C’è in questo pamphlet anche un colloquio integrale del cardinale Prevost in una parrocchia americana, illuminante per capire chi lui sia e il suo rapporto con Francesco.
Conosciamo padre Antonio Spadaro come giornalista, per i suoi articoli su La Civiltà Cattolica e molti giornali. Ora che è sottosegretario del Dicastero per la Cultura e l’Educazione cattolica, prosegue anche con il suo approccio giornalistico, commentando i fatti della cultura e della Chiesa su molte testate. Spadaro però è anche teologo, ci sono suoi scritti teologici rivolti ai suoi colleghi e non risultano di facile lettura; ma qui, come altrove, ha scelto, come in altre occasione, i panni del vero divulgatore. Così la teologia c’è, ma è espressa in modo che il linguaggio non sia un muro tra i lettori che non hanno questa formazione e la discussione ecclesiale. Non è facile esprimersi concisamente su temi di questa complessità con un linguaggio che non presume, non richiede conoscenze previe, entrando nelle nostre teste in modo piano, accessibile.
Forse anche questo è un tratto che unisce Francesco e Spadaro: sapersi esprimere, volendolo, in modo che cadano i muri; superare le pareti stagne è un altro modo per allargare i confini, non escludere ma coinvolgere. Dunque ascoltando anche noi possiamo capire chi sia stato davvero Francesco, e cosa sia quell’ “inquietudine” che il volume individua come tratto d’unione tra i due pontificati. Francesco di inquietudine ne ha parlato spesso, come sovente vi ha fatto riferimento Leone sin dai suoi primi passi: ma non basta la parola, pur affascinante in sé, e così l’inquietudine viene spiegata, presentata, squadernata nella sua indiscutibile valenza.
Ma la storia cammina, Leone si è espresso in modo rilevante dopo la pubblicazione di questo volume, e in questo colloquio padre Antonio Spadaro attualizza il suo testo, parlando anche delle importanti affermazioni di papa Leone che a differenza di quanto dicono i polarizzatori confermano, in buona parte, la lettura offerta nel volume, attualizzandola con espressioni che non nascondono i problemi ecclesiali, le spinte di alcuni ambienti che ci sono e vanno verso ben altri lidi. Davanti alle semplificazioni polarizzanti questo colloquio ci aiuta ad entrare in un storia che come tutte le storie ha una sua complessità, ma che comunque bisogna capire perché ci riguarda direttamente.
