Codice di condotta per le ong: il nemico immaginario

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Anche in un dicembre mite come quello di questo 2022 su un ponte di una nave é umido e fa freddo. Io lo so perché ci sono stata in missione nel Mediterraneo Centrale anche nel mese di dicembre. Ero sulla Aquarius di SoS Mediterranee che aveva operato più soccorsi e a bordo aveva circa 500 vite: un centinaio erano minori, alcuni molto piccoli. Le donne e i bambini stavano in un’area protetta dalle intemperie, gli altri fuori. Una signora siriana non voleva separarsi dal marito e decise di restare fuori. Le regalammo un paio di guanti perché la notte aveva le mani intirizzite per il freddo. Erano i mesi seguenti al primo codice di condotta per le ong voluto dall’ex ministro dell’Interno Marco Minniti. E già si ritardava l’assegnazione di un porto. E già i disagi a bordo erano tangibili.
Regole per “governare” i flussi si disse che diminuirono in realtà più per le ingenti somme versate ai libici che per quel codice in seguito inasprito dal governo seguente con Matteo Salvini al Viminale. Poi ritenuto in parte incostituzionale e smussato dalla ministra del Conte 2 , Luciana Lamorgese.
Ora di nuovo modificato dal ministro dell’Interno del governo Meloni, Matteo Piantedosi che allunga ancora tragitto e tempi per lo sbarco, obbligando le navi ong ad effettuare la richiesta di un porto al primo soccorso, pena sanzioni amministrative a vario livello. Se già questo punto viene contestato da più parti, altro punto chiave é l’assegnazione di una destinazione il più lontana possibile. Poco importa se chi é a bordo trema un paio di giorni in più per il freddo in inverno o soffoca per il caldo in estate.
Un sacrificio imposto a chi sale sulle ong che tra l’altro non sembra neanche ridurre ul numero dei flussi. Anzi, le prove tecniche del nuovo corso, mostrano i punti deboli già da subito. Quando negli ultimi giorni dell’anno 2022, la nave ong Ocean Viking di SoS Mediterranée viene inviata nel lontano porto di Ravenna con poco più di 100 vite recuperate in un solo soccorso nel Mediterraneo Centrale e viene tenuta lontano dalla zona SAR, negli stessi giorni le nostre Guardia Costiera e Finanza soccorrevano più di mille persone: un rapporto di 100 per mille.
Diminuiti i soccorsi delle navi umanitarie, in sostanza aumentano in modo significativo quelli ad opera delle nostre forze di polizia del mare che si trova da mesi sotto pressione. Soprattutto a Lampedusa dove gli arrivi in autunno e inverno non sono mai stati cosi numerosi. I soccorritori sono esausti: lavorano con mezzi vecchi e malandati che vengono tirati al massimo in continui e spesso rocamboleschi salvataggi. Gli hotspot e i CARA del sud sono pieni oltre misura. L’ultima settimana dell’anno nel centro di Contrada Imbriacola si sono contati 1.300 ospiti. Mai così tanti a dicembre. Non trovando nessuno sulla loro strada, le barche cariche di migranti partiti da Libia e Tunisia proseguono fino all’ unico punto di approdo: che non può essere che Lampedusa o al massimo la Sicilia orientale. Spingendosi fin dove possono, i migranti rischiano con più frequenza problemi a bordo e naufragi. Non é un caso che negli ultimi mesi del 2022 sono aumentati anche gli incidenti e le vittime. Tra novembre e i primi di dicembre si registrano almeno 4 naufragi con decine di morti e dispersi davanti Lampedusa. I corpi recuperati dagli uomini e donne della finanza e guardia costiera ai quali sarebbe opportuno inviare uno psicologo per aiutarli ad andare avanti.
Se poi vogliamo fare un discorso meno “umano”, possiamo anche sottolineare che chi sbarca da nostre navi o arriva in autonomia entra in regime di “Dublino puro” : ovvero, se fa richiesta di asilo resta in Italia mentre per chi scende dalle ong quanto meno si può trattare sul ricollocamento in altri paesi UE. Stiamo parlando una percentuale di circa il 10% del totale degli sbarcati. Come dicevamo all’inizio, il rapporto é di mille arrivati su navi italiane contro cento su navi ong straniere. Eppure a fare la differenza nella visione governativa del controllo dei flussi migratori restano sempre e solo le ong. Uniche a portare il fardello di una colpa che andrebbe cercata altrove. Nella ricerca di una soluzione ad un problema globale , si rischia così di dichiarare guerra ad un nemico immaginario esasperando persone già provate mentre sarebbe piu opportuno agire con lungimiranza, con politiche di intervento serio nei luoghi di partenza, con una sana accoglienza nel nostro paese e con diplomazia e dialogo con i paesi europei di cui la maggior parte delle navi ong batte bandiera.

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