Nel “bullizzometro” esposto alla festa di Fratelli d’Italia, il partito di maggioranza relativa e il partito della presidente del consiglio, appare un nome passato inosservato, Adelmo Cervi, seguito dalla scritta sindacalista Cgil.
Spero ancora in un caso di omonimia. Ma Adelmo Cervi è l’ultimo discendente della famiglia dei sette fratelli Cervi.
Aveva solo quattro mesi Adelmo Cervi, figlio di Aldo Cervi e Verina Castagnetti, quando il suo papà fu fucilato dai fascisti insieme agli zii Gelindo, Antenore, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore e a Quarto Camurri, loro compagno di lotta. Quel che accadde il 28 dicembre 1943 al Poligono di Tiro di Reggio Emilia, segnò dunque per sempre non solo la sua vita ma anche la storia del ‘900 italiano.
Poco tempo fa Adelmo, che ha gestito in questi lunghi anni la memoria del padre e degli zii uccisi dai fascisti, ha dichiarato: “Sognavo di veder realizzato quel mondo per il quale mio padre aveva dato la vita: un “luogo” dove non ci fossero più miliardari e poveri; un pianeta non dominato dai burocrati; dove non ci fossero più guerre e la gente non fosse sfruttata. Ho continuato a lottare e lo farò ancora finché potrò. Non sopporto chi si rassegna, chi dice in maniera petulante che non c’è più nulla da fare. Non è così. La democrazia ci offre ancora gli strumenti per poter farci sentire. Certo se la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato Ignazio La Russa ha in casa il “testone” del Duce c’è da preoccuparsi”.
E allora bullizziamo un simbolo vivente della nostra rinascita, della costituzione, della liberazione dell’Italia che oggi consente perfino a loro di governare! Vorrei che almeno qualcuno ad Atreju sapesse davvero la storia di Adelmo Cervi, e si vergognasse almeno un po’.
