La convinta, continua denuncia del presidente di Cinque Stelle Giuseppe Conte contro le folli cifre destinate al riarmo a danno di tutti i servizi utili al Paese – soprattutto sanità e welfare – nasce da un forte ideale antibellicista che si fonda sull’articolo 11 della Costituzione e sugli 80 anni di pace vissuti dalla Liberazione in poi, anni che rischiano di essere cancellati con un colpo di spugna.
Mentre la voce sempre più alta di Conte si fa sentire, ci sono contemporaneamente altre esperienze in Italia che, se pure con minor clamore, operano contro l’ossessione della militarizzazione. Una di queste, la più significativa in questo momento storico, è la lotta delle associazioni pacifiste sarde contro l’ampliamento (il raddoppio) della fabbrica di bombe RWM che sorge a Domusnovas, nel Sud Sardegna. Hanno elaborato una scheda tecnico-giuridica che contiene elementi critici tali da non consentire che dalla Regione venga espresso un giudizio positivo di Valutazione di Impatto Ambientale al termine degli accertamenti in corso. Innanzi tutto viene denunciato il mancato coinvolgimento della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio la quale avrebbe dovuto esprimere il proprio parere data la presenza nel territorio interessato di importanti vincoli paesaggistici. Tutto questo risulta rilevante soprattutto dopo che il Consiglio di Stato ha emesso due sentenze contro l’ampliamento della fabbrica e disposto che l’iter delle autorizzazioni debba essere ripetuto fin dall’inizio. Viene inoltre sottolineato il fatto che se il Servizio di Tutela del Paesaggio del Sud Sardegna non aveva rilevato situazioni critiche per il paesaggio, è dipeso dal fatto che l’azienda non chiese subito una valutazione complessiva del progetto, ma presentò richieste di autorizzazione per singole parti frammentate. Altro grave limite del progetto è che le parti dell’ampliamento già realizzate ricadono all’interno di una fascia di tutela di 150 metri dal letto del Rio Figu che scorre nella zona. Quindi con gravi rischi di esondazione e, comunque di rischio idraulico in tutta la zona. Di conseguenza i reparti produttivi, i depositi, i locali tecnici, le strade e i piazzali realizzati all’interno della fascia dei 150 metri sono abusi insanabili.
Mentre viene richiesta una diversa verifica di impatto ambientale alla luce delle nuove segnalazioni, la scheda si chiude ricordando che essendo lo stabilimento della RWM produttore di esplosivi e ordigni bellici, l’insediamento è classificato a rischio di incidente rilevante.
Il deciso e documentato intervento tecnico delle associazioni va di pari passo con la forte richiesta di garantire comunque i lavoratori, progettando una riconversione produttiva della fabbrica, ad esempio per apparecchiature socialmente utili sempre più richieste dato il progressivo invecchiamento della società.
Quanto sta avvenendo in questo angolo di Sardegna può diventare paradigmatico per opporsi all’unico progetto di espansione che sembra essere quello di un’economia di guerra. Le ricadute rischierebbero di essere molto gravi per un territorio come quello italiano che abbonda di ricchezze archeologiche, paesaggistiche, artistiche. Se la valutazione degli interventi fosse poi di competenza dell’attuale governo ci sarebbe da aver paura, visto come sono state liquidate le legittime riserve espresse dalla Corte dei Conti sul progetto del Ponte Sullo Stretto. Cosa avverrebbe per progetti molto meno ambiziosi?
