Giornalismo sotto attacco in Italia

Parigi dieci anni dopo

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Cosa resta, dunque, di Parigi a dieci anni dagli attentati di Charlie Hebdo e del Bataclan? Quanto hanno influito quelle tragedie sulla futura evoluzione politica di un Paese che già nel 2015 era la copia sbiadita della monarchia repubblicana cristallizzata dalla Costituzione gaullista alla base della Quinta Repubblica e oggi versa in una crisi complessiva apparentemente irreversibile?
Ricordiamo ancora il presidente Hollande, la sua inadeguatezza, i suoi timori, i suoi cedimenti, la sua incapacità di far fronte a una storia che irrompe drammaticamente nelle vite di cittadine e cittadini, minandone le certezze e mettendo in discussione un apparato di sicurezza mai come allora parso tanto fragile e inadatto a sfidare i pericoli di un secolo senza storia e senza garanzie. Ricordiamo il dolore, la sofferenza, le manifestazioni di solidarietà, il cordoglio globale e la reazione sconsiderata di un esecutivo sedicente socialista contro Raqqa, all’epoca citta simbolo dell’ISIS, alluvionata di bombe per mero spirito di vendetta: un’inutile strage senza che non ha migliorato in alcun modo le condizioni della collettività francese. Da allora, le leggi repressive sono state all’ordine del giorno, fino a giungere alla lepenizzazione macroniana, in nome dell’idea, da sempre fallimentare, che copiare le aberrazioni degli avversari costituisca il miglior modo per scongiurarne l’ascesa. È sempre accaduto il contrario ma, come spiegava Gramasci, “la storia insegna ma non ha scolari”.
E così, non c’è dubbio che la torsione autoritaria in corso, l’ascesa dell’ex partito “diabolico”, ormai ampiamente sdoganato, la deriva verso l’estrema destra, favorita dal trumpismo globale e dagli effetti perversi della guerra in Ucraina, le riforme anti-sociali, l’instabilità politica cronica e tutto ciò cui di negativo, sbagliato e tremendo abbiamo assistito nell’ultimo decennio derivi da quegli attacchi. Il Bataclan, ancor più di Charlie Hebdo, ha portato infatti l’assalto in una dimensione urbana: non più contro i centri del potere, come avvenne l’11 settembre, non più contro la libertà d’espressione, come fu per Charlie Hebdo, ma contro la gioia e la serenità di un Occidente già allora in aperto conflitto con se stesso e ormai pronto ad abdicare alle proprie libertà e a ciò che lo aveva reso diverso dal resto del mondo. Un attentato simile a quelli che sconvolsero Madrid e Londra fra il 2004 e il 2005, insomma, favorendo l’imbarbarimento della società e la naturale sconfitta di chiunque persegua il modello una comunità aperta, accogliente e capace di integrare altre culture. L’obiettivo dei terroristi, del resto, era il nostro modo di vivere e sono riusciti a stravolgerlo, trasformando persino la Patria dei lumi in uno degli esempi più lampanti del nuovo oscurantismo, con una deriva disumana che, mescolata con l’orgia del potere tecnocratico tuttora in corso, ha reso impossibile ogni forma di confronto civile e democratico, rendendolo poco auspicabile persino da coloro che un tempo ne erano fautori.

Parigi, dieci anni dopo, e ci aggrappiamo al grido disperato di un marito sconvolto, Antoine Leiris, che nella strage del Bataclan perse la moglie e, nonostante questo, trovò la forza di scrivere un memoir dal titolo significativo: “Non avrete il mio odio”. Almeno lui ha cercato di restare umano, una delle poche luci nel buio di questo tempo in cui persino i presunti “buoni” altro non sono diventati che brutte copie delle belve che, su entrambi i fronti, stanno avvelenando il nostro futuro.
Parigi ricorda, commossa e spaventata da quello che potrebbe accadere nei prossimi mesi e anni, e noi con lei.

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