Li accomuna la giovanissima età (tra i 13 e 28 anni), la sopravvivenza in paesi a basso reddito, la lotta contro corruzione di governi ed inettitudine di classi dirigenti, disoccupazione, disparità di reddito ed economie che hanno espulso i più fragili, in particolare dopo la pandemia del Covid-19. Chiedono dignità ovvero lavoro e diritti, dalla salute allo studio. Rifuggono dal designare leader riconosciuti per la radicata sfiducia in partiti politici e sindacati, troppo spesso collusi e complici con l’establishment. Sono i protagonisti di clamorose e affollatissime proteste in Argentina, Brasile, Perù, Nepal, Filippine, India, Serbia, ed ovviamente Africa, il continente più giovane in assoluto. Sono tutti armati di smartphone, indicono le manifestazioni all’ultimo minuto per dribblare la repressione e discutono in particolare sulla piattaforma Discord, 600 milioni di utenti, un sistema di messaggistica istantanea utilizzato inizialmente da appassionati di videogiochi.
È la Generazione Z (Gen Z), che non ha più fiducia nelle istituzioni tradizionali così come nei partiti (anche d’opposizione) incapaci di interpretare le sue vere preoccupazioni. Kenya, Uganda, Tanzania, Nigeria, ultimi in ordine di tempo Marocco e Madagascar sono stati i palcoscenici africani dove è andata in scena la contestazione ai vecchi, corrotti ed incapaci governanti saldamente inchiodati sulle poltrone di comando e poco intenzionati a lasciarle. “Questo movimento è senza precedenti, soprattutto per la sua natura profondamente orizzontale, spontanea e decentralizzata. A differenza delle mobilitazioni del passato guidate da partiti politici, sindacati o figure carismatiche delle opposizioni, questa è nata da una indignazione collettiva organica principalmente negli spazi digitali e ha preso forma senza un singolo leader” ha evidenziato Ketakandriana Rafitoson, professoressa dell’università cattolica del Madagascar.
In Africa il corto circuito tra generazioni è più visibile perché qui gli anziani che hanno guidato in passato i movimenti per la decolonizzazione hanno tradito le promesse della creazione di nazioni indipendenti con istituzioni funzionanti. Il potere è accentrato nelle mani di élite anziane disposte nella migliore delle ipotesi soltanto al trasferimento dinastico del suo esercizio. Interessante l’annotazione del sociologo Mehdi Alioua dell’università di Rabat: “Sentiamo gli stessi slogan che invocano una vita più dignitosa, una migliore distribuzione della ricchezza e, soprattutto, sistemi educativi e sanitari funzionanti. Questi giovani vorrebbero rispettare le regole della meritocrazia ma si rendono conto che le carte sono truccate contro di loro”.
In Marocco ad accendere la miccia delle contestazioni è stata la morte di sei donne in una sola settimana dopo il parto cesareo all’ospedale regionale di Agadir. La causa dei decessi sarebbe da addebitare alla somministrazione di un farmaco anestetico deteriorato da un difetto nella catena di refrigerazione. Il drammatico evento ha fatto registrare raduni spontanei di cittadini che hanno protestato per la grave situazione dell’ospedale strangolato da sovraffollamento, carenza di personale, apparecchiature fuori uso. Sanità paralizzata a fronte di investimenti da capogiro per la costruzione a Casablanca di uno stadio da inaugurare nel 2027 per la Coppa d’Africa e di altre due analoghe e grandiose strutture per la preparazione di eventi internazionali come la Coppa del Mondo Fifa 2030. Tassi stellari di disoccupazione a fronte delle promesse del premier Aziz Akhannouch di creare un milione di posti di lavoro in 5 anni.
In Madagascar (al momento in cui andiamo in stampa) la Gen Z ha incassato un risultato clamoroso costringendo il presidente Andry Rajoelina alla fuga dal paese dopo che anche i militari hanno sfilato insieme ai manifestanti per chiederne le dimissioni. Il presidente (al potere dal 2009 al 2014 grazie ad un colpo di stato) è stato poi rieletto per due mandati quinquennali (2018 e 2023) in elezioni boicottate dalle opposizioni. A scatenare le manifestazioni sono state le proteste contro le interruzioni delle forniture di acqua potabile ed elettricità, frutto dello sperpero di denaro pubblico che alimenta la corruzione. Purtroppo la violenza ha segnato la contestazione con saccheggi e uccisioni di civili. Incredibilmente ad ispirare la Gen Z malgascia è stata la consorella nepalese che a migliaia di chilometri di distanza ha dato una spallata decisiva al governo.
Troppo presto e praticamente impossibile capire l’evoluzione della protesta Gen Z nel mondo. Ci affidiamo così alle parole del filosofo Félix Guattari che scrive: “In un movimento non c’è niente di costruttivo se non la forza spontanea del movimento che si forma una competenza strada facendo”.
Fonte CONFRONTI n.11 novembre 2025
