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RFF20. La Petite Cuisine de Mehdi: Il gusto amaro della doppia vita, tra couscous e crème brûlée

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Una riflessione profonda sul conflitto di identità proposta con leggerezza in una godibilissima commedia degli equivoci. 

Presentato alla Festa del Cinema di Roma 2025 nella sezione Freestyle Films, ‘La Petite Cuisine de Mehdi’ segna il convincente debutto alla regia di Amine Adjina. L’opera si rivela una deliziosa commedia degli equivoci che, al di là delle risate, offre una riflessione profonda e sentita sul conflitto di identità, l’appartenenza culturale e la difficoltà di conciliare le aspettative familiari con il desiderio di libertà.

Al centro della narrazione troviamo Mehdi (interpretato da Younès Boucif), giovane chef di Lione diviso tra due grandi passioni e due vite parallele: la sua ‘vita francese’ – che ruota attorno al bistrot che spera di rilevare con la sua compagna Léa (Clara Bretheau), una ‘francese purosangue’ con cui ha una relazione di tre anni – e la ‘vita algerina’ – di fronte alla madre, Fatima (la celebre Hiam Abbass), Mehdi si finge un perfetto e obbediente figlio algerino, nascondendo non solo Léa, ma anche la sua vera professione e la sua predilezione per i sapori francesi.

L’equilibrio precario su cui si regge l’esistenza di Mehdi inizia a vacillare con l’arrivo al bistrot della sua sorella più piccola che rivela a Léa la presenza in città della madre Fatima. È così che Léa, stanca di segreti e diversivi, esige di incontrare finalmente la suocera, che lui le ha sempre fatto credere si trovasse ancora in Algeria. Messo alle strette, Mehdi per evitare tanto un dolore troppo forte a sua madre quanto la fine della sua relazione, è costretto a una decisione drastica e, probabilmente, la peggiore possibile, dando vita ad una serie di situazioni comiche e al limite dell’assurdo.

Le note di regia di Amine Adjina chiariscono che il film è un atto e una dichiarazione d’amore, animato dal desiderio di raccontare «un amore ambivalente, fatto di due culture».

La Petite Cuisine de Mehdi utilizza il cibo non solo come sfondo, ma come arena culturale e metafora della memoria. La cucina è il campo di battaglia dove l’eredità invisibile del padre e le ricette della tradizione algerina si scontrano con le raffinatezze tipiche di un bistrot francese. Il film indaga il ‘gusto amaro del compromesso’ che tocca molti figli di immigrati: la necessità di creare una ‘doppia verità’ per accontentare i genitori – la prima generazione, spesso legata alla memoria collettiva dell’immigrazione – senza sacrificare la propria identità e il desiderio di alterità della nuova società.

Il film eccelle nel ritratto di personaggi ‘umanissimi’ e nel mescolare generazioni ed etnie, pur riconoscendo che non tutto nella narrazione è perfettamente calibrato, ma che le sue situazioni offrono ben più di una risata.

Con la partecipazione di figure di spicco come Hiam Abbass – un ponte culturale e artistico, data la sua origine israelo-palestinese ma cittadinanza francese –, ‘La Petite Cuisine de Mehdi’ si conferma un debutto solido, che dimostra la capacità di Adjina di usare la commedia degli equivoci per affrontare questioni sociali complesse. È un racconto onesto ed emotivo sul conflitto tra identità e desiderio di libertà, che lascia allo spettatore la consapevolezza che, a volte, la vera ricetta del disastro è proprio quella di tentare disperatamente di accontentare tutti.


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