In un sistema economico in continua trasformazione, in cui la linea di confine tra etica aziendale e responsabilità penale si fa sempre più sottile, la figura del penalista d’impresa emerge come presidio di garanzia e di cultura della legalità. Il diritto penale dell’economia, da tempo non più relegato alla sola dimensione repressiva, si confronta oggi con l’esigenza di costruire un diritto “che previene”, capace di coniugare tutela dell’impresa e protezione degli interessi collettivi.
Tra i protagonisti di questa stagione evolutiva si collocano giuristi come Valerio Lombardi, penalista di lungo corso e consulente di numerose realtà societarie, per il quale il diritto penale dell’impresa non è più soltanto difesa tecnica, ma “architettura della responsabilità”.
Il 2001 ha di fatto creato una “terza via” tra penale e amministrativo: Lombardi parte da quella che definisce “una delle riforme più dirompenti del diritto penale contemporaneo”, il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, che ha introdotto nell’ordinamento italiano la responsabilità amministrativa degli enti per i reati commessi nel loro interesse o vantaggio.
“La 231 ha scardinato – osserva l’Avv. Lombardi – il principio classico di personalità della responsabilità penale, aprendo la strada a una forma ibrida che si colloca tra il diritto penale e quello amministrativo. Essa non si limita a prevedere sanzioni per l’ente, ma introduce strumenti di prevenzione, cioè i modelli organizzativi e di gestione, che, se adottati ed efficacemente attuati, possono costituire una vera e propria causa di esenzione della responsabilità.”
Un meccanismo di “premialità preventiva” che, a distanza di oltre vent’anni, continua a mostrare disomogeneità applicative, soprattutto nelle piccole e medie imprese (PMI). “Le criticità – aggiunge Lombardi – risiedono non tanto nel dettato normativo, quanto nella sua attuazione. Le grandi realtà hanno strutture e risorse per adottare modelli complessi; le PMI, invece, spesso percepiscono la compliance come un costo, più che come un investimento.”
Si tratta di una branca giuridica nota come compliance, cioè la prevenzione come clausola del fare impresa. La cultura della prevenzione, per Lombardi, non può prescindere da una visione integrata del rischio penale: “Parlare di prevenzione significa esaminare l’attività aziendale a 360 gradi, identificando le aree sensibili e valutando i processi potenzialmente esposti al rischio di reato. Il risk assessment diventa così una vera e propria mappa di vulnerabilità giuridica. Da qui discende la possibilità di costruire un modello su misura: un abito sartoriale che protegge l’impresa e ne consolida la reputazione.”
La contrattualistica, in questo contesto, assume una funzione di cerniera: “Le clausole di compliance e i codici etici non sono meri orpelli formali, ma strumenti di prevenzione penale. La loro presenza nei rapporti con fornitori e partner commerciali definisce la sfera di rischio condiviso e circoscrive la responsabilità, sia interna che esterna.”
Elemento cardine del sistema 231 è l’Organismo di Vigilanza (OdV), al quale la legge affida il compito di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza del modello.
“L’efficacia dell’OdV – sottolinea Lombardi – dipende dall’effettività dei controlli e dalla qualità dei flussi informativi tra società e organismo. Non può esistere vigilanza se l’OdV non è messo in condizione di conoscere le dinamiche aziendali. L’indipendenza, l’autonomia e la professionalità dei suoi componenti sono i cardini che garantiscono la deterrenza del sistema.”
In prospettiva comparatistica, l’Avv. Lombardi, gettando lo sguardo oltre confine, richiama l’esperienza statunitense: “Gli Stati Uniti rappresentano il modello più avanzato in materia di corporate compliance, grazie a un quadro normativo consolidato – dal Foreign Corrupt Practices Act (FCPA) alle leggi antiriciclaggio – che integra prevenzione e sanzione. Tuttavia, la trasposizione di tali modelli nel contesto italiano non è sempre possibile: la nostra tradizione giuridica, di matrice civilistica, richiede un adattamento culturale e sistemico.”
Inoltre, nuove tecnologie come l’AI e i risvolti penali in campo di cybersecurity impongono un ripensamento delle categorie classiche del diritto penale societario: “Le innovazioni tecnologiche – spiega Lombardi – rappresentano un’opportunità straordinaria ma, al contempo, generano nuove forme di rischio: dai reati informatici alla violazione della privacy, fino all’uso improprio dei dati aziendali. Prevenire significa conoscere: solo comprendendo la tecnologia si può costruire un modello realmente protettivo.”
Da non trascurare la questione etica e quella di genere, nuove frontiere della legalità aziendale; l’evoluzione del D.Lgs. 231/2001, infatti, ha progressivamente incluso tra i reati-presupposto anche condotte attinenti alla sfera dei reati di genere e alle discriminazioni nei luoghi di lavoro. “Il legislatore – ricorda Lombardi – ha previsto canali di segnalazione anonima, il cosiddetto whistleblowing, e organi terzi di valutazione. È un passo avanti decisivo, ma serve un cambio di mentalità: molti imprenditori vedono ancora la prevenzione come un’intrusione, mentre è uno strumento di tutela reciproca, per l’azienda e per i lavoratori.”
In quest’ottica il futuro del diritto penale d’impresa non è nell’accentuazione della repressione, bensì nella consapevolezza e, guardando al futuro, l’Avv. Lombardi individua una tendenza chiara:
“Il diritto penale d’impresa si muove verso un rafforzamento del modello preventivo. La vera forza di un’azienda, oggi, risiede nella consapevolezza. Prevenire non significa soltanto evitare un procedimento penale, ma costruire un modo diverso di fare impresa, fondato su trasparenza, responsabilità e cultura della legalità. La legalità non è un vincolo: è un valore competitivo.”
